La moda delle toghe: assolvere gli eco-vandali

Se appartieni all’omonimo gruppo ultra-gretino convinto seriamente di rappresentare lo zenit dell’umanità, puoi permetterti quel che a un imbrattatore qualsiasi difficilmente viene perdonato
di Giovanni Sallustivenerdì 6 giugno 2025
La moda delle toghe: assolvere gli eco-vandali
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Incarnare l’Ultima Generazione sulla faccia della Terra comporterà pure effetti collaterali positivo. Ad esempio, se appartieni all’omonimo gruppo ultra-gretino convinto seriamente di rappresentare lo zenit dell’umanità, puoi permetterti quel che a un imbrattatore qualsiasi (magari reazionario e sicuramente inquinatore) difficilmente viene perdonato: infierire su monumenti non proprio secondari per la storia e l’identità italiane senza pagare, in nessun senso. $ di questi giorni un uno-due della magistratura giudicante che è difficile non vedere come un lasciapassare alle gesta degli ecotalebani, i quali fedeli alla lezione degli originali coranici se la sono presa con alcune espressioni dell’arte corrotta e infedele. Primo tempo, l’altro ieri: assolti i tre attivisti che nell’aprile 2023 avevano versato liquido nero a base di carbone vegetale nella Fontana della Barcaccia di piazza di Spagna, deturpando l’opera di Pietro e Gian Lorenzo Bernini, due residuati dell’umanità fossile. Motivazione: tenuità del fatto.

Corollario: il Comune (cioè i contribuenti romani) pagarono 4mila euro di pulizie, ma sono volgari conti della serva, gli ultimi umani volano più alto, volevano stigmatizzare il collasso climatico, qualunque cosa voglia dire. Secondo tempo, ieri: sempre a Roma, il tribunale monocratico assolve nove militanti di Ultima Generazione per analoga impresa, liquido nero a gogò nella Fontana di Trevi, con tanti saluti alla Dolce Vita di quell’incosciente negazionista di Fellini. Analoga anche la ratio: le accuse di «deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici» decadono perché il fatto non sussiste o perché se ne riconosce la particolare tenuità. L’intervento di ripulitura, a detta del sindaco Gualtieri, obbligò a buttare via 300mila litri d’acqua (la Fontana andò prima svuotata), uno spreco non particolarmente tenue, ma tant’è.

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Il film che tiene insieme i due tempi pare un remake degli Anni 70, con l’ideologia wokista che scalza quella marxista, quindi la tragedia del piombo che evapora nella commedia del green. Il punto però sembra identico e si chiama declinazione programmatica, valoriale, engagé delle sentenze e degli atti giudiziari. Che non scomodano più (soltanto) la tecnicalità giuridica, bensì la visione del mondo. Per cui come allora poteva risultare cruciale se certe azioni venivano commesse in nome dell’emancipazione del proletariato e della lotta di classe, oggi può esser dirimente che lo siano in nome delle paturnie della borghesia ecologista e della lotta alle emissioni. $ qualcosa che si ritrova nella genesi stessa di Magistratura Democratica, la cui mozione costitutiva (settembre 1964) guardava espressamente alla «esigenza di instaurare la nuova tavola di valori scaturita dalla Resistenza e consacrata nella Costituzione». Non perseguire reati, instaurare la nuova tavola dei valori. Che oggi scaturisce dai Fridays for Future ed è consacrata nel Green Deal, ma il meccanismo e l’esondazione sono identici. $ l’idea, tecnicamente il-liberale, di un “uso alternativo del diritto”, come recitava il titolo di un famoso convegno tenuto a Catania nel maggio 1972.

Allora, un uso finalizzato ad avanzare verso il feticcio della giustizia sociale. Oggi, un uso teso a regredire verso la distopia della giustizia climatica. Per cui al diavolo i monumenti, le Fontane, l’arte, al diavolo i Bernini padre e figlio e pure Anita Ekberg. C’è il pianeta da salvare, non più il socialismo da realizzare, ma resta la subordinata: il Codice si adegui. Come recitava sempre un documento degli esordi di Magistratura Democratica, si tratta di esplorare «una possibile diversa funzione del diritto, non più solo strumento di conservazione dell’ordine esistente, ma anche possibile fattore di critica di esso». Siamo sempre lì, alla toga come “fattore di critica” dell’esistente, abbiamo solo messo le treccine di Greta sul faccione di Marx. L’alternativa è che chiunque di noi possa uscire e vandalizzare il primo monumento che incontra: non so perché, tendo a dubitarne.

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