Giustizia, il giorno di Nordio e la rivolta delle toghe rosse

Secondo sì in aula. Il guardasigilli: "Il Centrodestra, seguendo la strada indicata da Berlusconi, ha fatto della riforma uno dei principali punti programmatici". L'Anm protesta
di Pietro De Leomercoledì 23 luglio 2025
Giustizia, il giorno di Nordio e la rivolta delle toghe rosse
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Buona la prima. La riforma della giustizia, che contiene la separazione delle carriere e il cambiamento del Csm, conclude la prima metà del cammino parlamentare al Senato, con 106 voti favorevoli, 61 contrari e 11 astenuti. Trattandosi di un ddl di riforma costituzionale, è necessaria la doppia lettura alle Camere e poi a determinate condizioni sarà restituita la parola agli elettori. È un passaggio importante per il centrodestra, che ha fatto di questa riforma uno dei principali punti programmatici seguendo l’impianto garantito sull’impronta del fondatore Silvio Berlusconi.

Ieri, dunque, la maggioranza si è ritrovata attorno a questo passaggio-chiave della legislatura. A partire dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che in un video social sottolinea: «È un passo avanti fondamentale, servono altri due passaggi per portare a termine una riforma che l’Italia aspetta da troppo tempo. E che ha un triplice obiettivo: garantire ai cittadini il giusto processo, disarticolare il sistema correntizio all’interno del Csm e restituire ai magistrati l’autorevolezza e la dignità che meritano». E guardando alla prossima fase di lettura afferma: «Andremo avanti con decisione».

Esulta anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio, che negli scorsi giorni è stato protagonista di uno scontro con l’Associazione nazionale Magistrati. Il Guardasigilli parla di «un passo molto importante verso l'indipendenza della magistratura da se stessa, dalle sue correnti, attraverso la rimodulazione del Csm». E sottolinea come si tratti di «un balzo gigantesco verso l’attuazione del processo accusatorio voluto da Giuliano Vassalli». Quanto al confronto con la magistratura, Nordio rivendica un certo ottimismo: «A suo tempo vi sono stati forse conflitti anche più aspri», osserva, «di fronte a una riforma così epocali le divergenze di opinioni si sono acuite. Però io spero, auspico e sono certo che adesso il dialogo riprenderà con maggiore serenità». Per quanto, poco prima dell’approvazione in Senato del DDL, il presidente dell’Anm Cesare Parodi attaccava: «Questa riforma indebolirà, quasi cancellerà, il Consiglio superiore della magistratura, avviene in un momento storico in cui i magistrati hanno una carenza di strumenti».

Tornando al centrodestra, la maggioranza si stringe attorno il risultato. A partire da Forza Italia, partito che rivendica una sorta di primogenitura su questo cambiamento che fu al centro del messaggio politico di Silvio Berlusconi. «Era il suo grande sogno», dice il segretario nazionale e ministro degli Esteri Antonio Tajani, «oggi si realizza, sarà soddisfatto». Poi aggiunge: «Per Forza Italia è un grande successo politico ma soprattutto è un successo per tutti i cittadini italiani, che avranno processi più equi, dove l’accusa sarà allo stesso livello della difesa». Nel dettaglio Tajani evidenzia: «Si innalza il ruolo del giudice terzo, che sarà la figura più importante del processo, perché dovrà valutare su quale piatto pendono di più le prove». E la lettura delle dichiarazioni degli azzurri rafforza l’idea di un giro di boa identitario, in attesa del rush definitivo: dai capigruppo Gasparri e Barelli, dalla vicesegretaria Bergamini al portavoce Raffaele Nevi. Fratelli d’Italia attua una mini-mobilitazione, un sit in di fronte al Senato. In scia con la presidente del Consiglio, il capogruppo Lucio Malan parla di «impegno preso con gli elettori per porre rimedio ai problemi che si sono manifestati negli ultimi anni in questo ambito. Mi riferisco al caso Palamara. Non si poteva rimanere inerti di fronte a questa situazione. Diciamo basta alle correnti nella magistratura, basta a una giustizia lenta, con sentenze ingiuste e con ben mille innocenti che finiscono in carcere ogni anno».

Il vicepresidente del Consiglio e leader della Lega Matteo Salvini, sottolineando l’importanza della promessa mantenuta: «Gli italiani ci hanno votato anche per questo. E noi passiamo dalle parole ai fatti». Anche Noi Moderati è sulla stessa lunghezza d’onda. Mariastella Gelmini, da Palazzo Madama argomenta: «Questa riforma è un atto dovuto da quando è stato introdotto il processo accusatorio e soprattutto il giusto processo, nel 1999. È un merito di Berlusconi aver introdotto nel programma del centrodestra questa riforma, ma il consenso intorno a questa riforma è molto più ampio, voglio ricordare un grande garantista come Marco Pannella, le Camere penali, la bicamerale di Massimo D'Alema, il giudice Falcone. Qui sul banco di prova c’è il riformismo».