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Manolo Blahnìk, il calzolaio diventato re dello stile

Giulio Bucchi
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Molte donne hanno scoperto l'esistenza di Manolo Blahník grazie a Sex and the City, la serie tv che spopolò negli anni Novanta e forgiò molto dell'attuale immaginario femminile. Ma anche maschile, perché i fidanzati delle emuli delle quattro ragazze di New York - che magari non sapevano distinguere nemmeno tra il modello Oxford e il monk per maschio - si improvvisavano esperti dell'unicità delle scarpe per donna di Manolo Blahník. In particolare la protagonista Carrie Bradshaw, interpretata da Sarah Jessica Parker, spendeva migliaia di dollari per le calzature dello stilista spagnolo. Essendo per lei le migliori, le chiamava con sineddoche: «Le Manolo». In verità, Manolo Blahník e anche la sineddoche «le Manolo» erano già mito quando Sarah Jessica Parker - nata nel 1965 - andava alle scuole elementari. Sex and the city non fece altro che svelare alla massa che Manolo Blahník era, e da tempo, il più poetico, visionario ed elegante guru della calzatura femminile. La massa non lo sapeva, lo apprese guardando la serie ed eleggendo Manolo anche a proprio mito. Poi dicono che la tv non serva a nulla... Ma se la tv ha insegnato al mondo il talento di Manolo riguardo alla scarpa, è stato il cinema ad essere esaltato dallo stesso Manolo tramite le sue creazioni. Le scarpe del film Marie Antoinette di Sofia Coppola sono opera sua. Manolo ricorda l'incontro con Sofia, allo scopo di «fare le scarpe a Maria Antonietta», in Gesti fugaci e ossessioni (Rizzoli, pp. 488, euro 140), biografia professionale e mappatura estetica di Manolo Blahník in forma di libro fotografico con cofanetto. Speriamo esalti la massa al pari dell'amore che per lui aveva Carrie, se non altro perché in questo caso di Manolo parla Manolo - che presenterà personalmente il libro il prossimo 20 ottobre alla libreria Rizzoli di Milano. Nato nelle Isole Canarie da padre ceco e madre spagnola, fece studi letterari e si laureò a Ginevra, continuò a studiare arte a Parigi e poi si trasferì a Londra dove aprì il suo primo negozio nel 1973, mentre il glam rock principiava e il punk doveva ancora esplodere. Entrambi gli stili rifuggivano dalla classicità. Intanto Manolo - che di sé dice, con immensa modestia ma anche con la maestria di chi ricorda che l'arte si fa innanzitutto con le proprie mani, “Sono un calzolaio” - lavorava a elaborare la quintessenza di una femminilità che ora ci appare la norma anche grazie al suo lavorio attraverso i decenni. Già in quelli targati Settanta e Ottanta tirava fuori tacchi e scarpe-gioiello che ricostruivano la donna dopo la distruzione alla quale l'aveva sottoposta il femminismo minimizzando gonne, centuplicando pantaloni e soprattutto diffondendo zoccoloni da vaccare e terrificanti tacchi più larghi che alti. «Giunsero gli anni Ottanta. Ogni settimana la stampa internazionale scriveva all'unisono di donne con ai piedi “le loro Manolo”. Le vignette del New Yorker scherzavano su questa travolgente, diffusa frenesia per “le Manolo”. Nei dibattiti mediatici intorno alla nuova immagine femminile e alla sua attrazione fatale per i tacchi vertiginosi, lui veniva invariabilmente additato come l'unico responsabile», scrive Michael Roberts, il fotografo che ha selezionato oltre 20.000 paia di scarpe dall'archivio personale di Manolo (dalla sua prima sfilata Ossie Clark del 1971 fino alla sua ultima collezione autunno/inverno 2015). Anche le scarpe che Bella indossa al matrimonio in Breaking Dawn, uno dei film della trilogia di Twilight, le ha fatte lui. In tutto il libro il cinema impregna i ricordi professionali, o di semplice ispirazione, di Manolo. meraviglioso il dialogo con Pedro Almodóvar, nel quale celebrano la bellezza di Romy Schneider, del cinema di Luis Buñuel, di Mina. Si alternano, infatti, alle fotografie delle sue creazioni per cinema e passerella, i ricordi di Manolo sulle persone che lo hanno ispirato negli anni. Oltre a quelle citate, Anna Piaggi, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, da Mary Beard, Cecil Beaton. Scrive Manolo: «Tutte le pagine che state per scorrere - e forse per leggere - sono il risultato di una vita trascorsa perseguendo la bellezza». Beh: la bellezza è stata indubbiamente raggiunta. di Gemma Gaetani  @gemmagaetani

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