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Diritto di gogna

Ruotolo e Lerner pubblicano nome e cognome del presunto killer della scuola. Sbagliando. E intanto il ministro Severino ringrazia chi non viola la legge...

Giulio Bucchi
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  Soltanto Riccardo Arena (quello che fa «Radiocarcere» su Radio Radicale) ha notato il paradosso brindisino dell'altro giorno: la Guardasigilli Paola Severino che, rivolta ai giornalisti, dice loro «grazie per non aver pubblicato il volto dell'attentatore, grazie per non aver mostrato per intero il video» e cioè in altre parole - nostra traduzione - grazie per non aver commesso un reato, grazie per non essere incorsi nell'articolo 684 che punisce la «Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale». Siamo a questo: un giornalista che non viola un atto coperto da segreto, da noi, è degno del ringraziamento di un ministro. Mica è finita: poche ore dopo ecco che «la rete» pubblicava il nome di un sospettato e pure le generalità del fratello: inutile dire che era illegale e incivile, e che peraltro a pubblicare non sono stati degli hacker, ma anche gente come il blog di Gad Lerner e soprattutto Sandro Ruotolo su Twitter. Scandalo? Non pare. Nessuno, del resto, protestò neanche nel tardo gennaio 2009, quando i giornali mostrarono, ammanettati, i romeni accusati dello stupro di Guidonia che pure erano in attesa di giudizio: tacque la destra, tacque la sinistra e tacque l'umore popolare. I nessuno e gli straccioni non scandalizzano: lo scriviamo a futura memoria, tanto per rispondere al prossimo pirla che dirà che ci occupiamo di malagiustizia solo quando riguarda i potenti. di Filippo Facci  

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