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Dopo lo Stato pure i Comuni:non pagheranno le imprese

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Gli enti locali hanno due terzi dei debiti, ma se il governo non restituirà i soldi non lo faranno nemmeno loro

Andrea Tempestini
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 Arriva la beffa ufficiale per le imprese creditrici della pubblica amministrazione: gli enti locali che hanno in carico quasi due terzi del debito commerciale pubblico hanno sostanzialmente detto di no ai quattro decreti presentati in pompa magna da Mario Monti, Corrado Passera e Vittorio Grilli. Un no che pesa come un macigno, rendendo carta straccia quel tortuoso percorso immaginato dall'esecutivo per consentire alle banche di dare un po' di ossigeno alle imprese. Il 6 giugno scorso infatti la Conferenza unificata Regioni, Province e Comuni ha esaminato il pacchetto Monti-Passera-Grilli per sbloccare i debiti che lo Stato nelle sue varie articolazioni ha nei confronti delle imprese fornitrici. Secondo i calcoli di Confindustria si tratta di circa 70 miliardi di euro, un terzo in carico allo Stato centrale e due terzi alle amministrazioni locali (soprattutto quelli sanitari). Gran parte di quella somma è dovuta da oltre un anno di tempo: le amministrazioni pubbliche comprano dalle società private beni e servizi di cui poi rinviano in continuazione i pagamenti. Monti non ha i soldi necessari a chiudere i conti del passato, e non vuole emettere titoli del debito pubblico per onorare il dovere dello Stato. Allora si è inventato un percorso un po' tortuoso, che qualche beneficio potrebbe dare alle imprese. Primo passo: le amministrazioni pubbliche certificano a ciascuna impresa il credito da essa  vantato, timbrando entro 60 giorni un documento che sarà allegato in fac simile ai quattro decreti. Con quel timbro l'amministrazione pubblica si impegna ad onorare quel debito entro 12 mesi, ma nel frattempo le imprese potranno andare in banca e farsi anticipare il 70% del dovuto. I quattro decreti riconoscono anche un'altra possibilità: invece di farsi anticipare i soldi, le imprese possono compensare i crediti vantati con le tasse da pagare e i contributi da versare ad ogni livello dello Stato (Agenzia Entrate, enti locali etc…). Comuni Province e Regioni hanno posto una serie di ostacoli ai quattro decreti che rischiano di fare saltare tutto. Hanno avanzato qualche considerazione di puro buon senso: chiedono che la compensazione crediti-debiti avvenga solo allo stesso livello: una impresa con i crediti che vanta dal comune non può compensare le tasse da pagare a una Regione o a una Provincia. È  la seconda condizione posta dagli enti locali però a rischiare di fare naufragare tutto. Loro dicono allo Stato: se pagassimo entro 12 mesi le imprese, come impone la certificazione proposta dal governo, faremmo saltare il patto di stabilità, perché non abbiamo i soldi necessari e anche quelli che ci sono restano vincolati. Quindi: i decreti passano se lo Stato fa saltare per un anno il patto di stabilità o se consente anche a Regioni, Province e Comuni di fare con lo Stato quello che viene proposto con le imprese, e cioè compensare debiti e crediti. Tradotto in parole povere: un comune potrebbe non girare allo Stato centrale la sua quota Imu se verso lo stesso vanta crediti o per altri tributi o per trasferimenti non ancora effettuati. Una condizione che farebbe crescere a dismisura il costo dell'operazione e che provocherebbe problemi di finanza pubblica in ogni caso. Rischia di essere il de profundis per un'operazione strombazzata dal governo prima di poterla varare. di Fosca Bincher  

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