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Anche Ikea sta con LiberoNon toccate l'Iva

Lars Petersson (ad per l'Italia): abbiamo reagito alla crisi abbassando i prezzi ma ora basta aumenti alle imposte

Lucia Esposito
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Il loro slogan recita: «Qualità al miglior prezzo». E così quando il governo ha portato l'Iva al 21% non si sono persi d'animo e fedeli al loro spirito hanno risposto abbassando ancora i listini. Soffrendo, certo, perché il rischio è di chiudere l'anno (l'esercizio commerciale va da settembre ad agosto) con un meno 4-5% di fatturato, ma limitando comunque le perdite, in un mercato che vede il segno meno avvicinarsi alla doppia cifra. Adesso però basta. «Perché aggiungere un'ulteriore due per cento all'imposta sui consumi vorrebbe dire infierire ancora sul commercio e porre quindi una grossa ipoteca su uno dei possibili volani per far ripartire la crescita: i consumi». E così Lars Petersson, amministratore delegato di Ikea Italia, aggiunge la voce della multinazionale dell'arredamento al coro di appelli che in questi giorni Libero ha convogliato verso il presidente del Consiglio.   Voi chiedete a Monti di non farlo. E se invece a ottobre l'Iva arrivasse al 23? C'è il rischio che Ikea riduca i suoi investimenti in Italia? «No questo no. Con una quota di mercato del 7-8%, siamo convinti di avere ancora ampi margini di crescita in Italia. Certo non capiremmo un provvedimento che mette altra sabbia nel motore già ingolfato della crescita». Allora ci saranno altre aperture? «Il 29 agosto inaugureremo il ventesimo centro Ikea a Pescara-Chieti e il prossimo anno l'appuntamento è con il secondo in Toscana, a Pisa». Ecco, negli scorsi anni si viaggiava ad altri ritmi di crescita... «Guardi, su questo punto c'entra poco la crisi, perché il problema è ben più datato». Cioè?  «Continuiamo a incontrare ostacoli per le licenze. Volevamo aprire un secondo negozio in Piemonte, ma è mancata l'autorizzazione della Provincia di Torino, stiamo cercando di farne un terzo a Roma, ma ci scontriamo con le lungaggini burocratiche». Insomma, anziché aumentare l'Iva, cosa dovrebbe fare Monti per invogliarvi a investire? «Semplificare, dare certezza ai tempi della burocrazia e garantire una certa coerenza a livello nazionale»».  Cosa vuol dire? «Che in Italia ogni Regione ha proprie leggi e regolamenti, è uno sorta di piccolo Stato. E questo per noi significa più spese per avvocati e consulenze. Ora, noi ci siamo abituati ma per un nuovo investitore straniero l'impatto è duro». Un provvedimento concreto? «Ci vorrebbe uno sportello unico per sbrigare tutte le pratiche che non costringesse i nostri a passare da un ufficio all'altro».  Non mi sembra impossibile… «Beh, quando abbiamo deciso di ritirarci dal progetto di Vecchiano (in provincia di Pisa) minacciando di spostare all'estero l'investimento già allocato, è intervenuto il governatore Rossi che in un certo senso ha fatto da sportello unico e il risultato si è visto subito». Intanto investite 1,5 miliardi in India per la creazione di 25 negozi. «Il governo indiano ha cambiato una legge che limitava gli investimenti dei gruppi stranieri e noi abbiamo subito risposto. Del resto in Asia siamo già presenti in Cina, Giappone e Thailandia e con l'India abbiamo colmato una lacuna. Ma vorrei ricordarle l'importanza che ha per noi l'Italia». Prego.  «Dopo Cina e Polonia siete il terzo Paese dal quale ci riforniamo».  Cioè?  «L'8,2% dei prodotti Ikea arriva da fornitori italiani e ultimamente ne abbiamo individuato altri due, precisamente in Piemonte, che hanno vinto la sfida con preventivi provenienti da tutto il mondo». Mi sta dicendo che in Asia vendete e in Italia acquistate? «Non è così, ma sicuramente il saper fare delle vostre aziende è un valore aggiunto e i nostri stanno sondando il mercato a caccia di nuovi fornitori». di Tobia De Stefano

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