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Il governo a caccia di 10 miliardi: a rischio gli sgravi per le famiglie

Giulio Bucchi
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  di Antonio Castro Il 29 agosto si celebra il martirio di San Giovanni Battista, profeta nel deserto. Decollato, per la precisione. Sarà solo un caso, o una beffa del Fato, ma proprio per mercoledì prossimo è previsto che il sottosegretario all'Economia, Vieri Ceriani (un passato a Bankitalia e un curriculum lungo un metro nelle istituzioni finanziarie di mezzo mondo), presenti  la lista dei tagli a agevolazioni, detrazioni, deduzioni e sgravi. Si tratta di scovare almeno 6/10 miliardi e non sarà facile. L'analisi delle voci di spesa è un vecchio dossier. Per Ceriani è un lavoro cominciato a via Nazionale, portato avanti prima ancora di entrare al governo e oggi indispensabile per vedere di arginare i conti pubblici.  Le voci (capitoli) sono 720, per la precisione, e valgono ben 261,2 miliardi di mancati incassi per lo Stato. A suo tempo l'ex titolare dell'Economia Giulio Tremonti voleva falciarne il 5%. Un po' per uno non fa male a nessuno.  Oggi, sotto schiaffo tra crisi e nuove tasse, c'è da fare attenzione. Anche perché una cosa è mettere mano alle facilitazioni fiscali per la palestra dei pargoli, ben altra toccare capitoli come le detrazioni per i coniugi o i figli a carico, i rimborsi per l'acquisto di medicinali e le spese mediche, l'assistenza ai disabili (quelli veri) o gli aiutini (fiscali) a partiti, sindacati e associazioni varie.  Un lavoro imponente che dovrà tener conto di qualche variabile. Prima fra tutte la tenuta sociale del Paese. Mettere mano all'Isee (l'Indicatore della situazione economica equivalente) è maneggiare dinamite. Con la disoccupazione che cresce, l'economia che rallenta e la rabbia che monta, toccare alcune leve potrebbe essere fatale per il più solido dei governi. Alzare o abbassare i parametri di reddito per una prestazione o una deduzione rischia di mettere in ginocchio milioni di persone. Dentro le 720 singole esenzioni o facilitazioni ci sono stratificazioni di interventi (a volte clientelari ), ma anche di buon senso.  Non più tardi di venerdì sera a Palazzo Chigi si è parlato proprio di ritoccare (si spera migliorandole) le agevolazioni per la famiglia e sui prodotti per l'infanzia. E pure il rifinanziamento della carta acquisti per il 2013, per sostenere le famiglie in difficoltà.  Oggi l'Italia è tra i Paesi europei che spende meno (in base al Pil) per sostenere la natalità e il reddito dei nuclei familiari con prole. L'aggregato della spesa pubblica per le politiche familiari è pari al 4% rispetto ad una media europea dell'8%. La laicissima Francia - anche sotto il controllo dei socialisti come Mitterand - già negli anni Ottanta mise in campo importanti misure di sostegno alla demografia. E non per bontà d'animo. Ogni punto di crescita della natalità - sulla lunga distanza - si traduce in maggior crescita del Pil. Ricordate il dibattito sul quoziente familiare? Ebbene, basti un esempio. In Francia con tre figli a carico lo Stato rinuncia a qualsiasi tassazione, sarà per questo che la natalità francese è più che doppia rispetto all'Italia?  E ancora. Le famiglie con bambini spendono di più e quindi fanno da volano alla crescita economica. Ma le famiglie tartassate non fanno bambini e se oggi in Italia si hanno di media 1,2/1,3 bambini per donna fertile, è solo grazie al contributo notevole della popolazione immigrata che è molto più prolifica. Come se non bastasse più figli oggi, vuol dire più crescita tra venti/trent'anni. Ma questo è un discorso da statisti verrebbe da ricordare. Da tagliare c'è e si taglierà, nella speranza che le buone intenzioni di fine estate non ci facciano fare la fine del Battista. Decollato.  

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