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Giannino: "Maroni fa bene a parlare di Nord e non di secessione"

Oscar Giannino

Il giornalista promotore di "Fermare il declino": "Il leader della Lega fa bene a parlare di Nord e non di secessione. Il ministro le cose le sa fare..."

Andrea Tempestini
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La lista-movimento di Oscar Giannino, Fermare il declino (principio cardine: abbassare la pressione fiscale di 5 punti in 5 anni), ha raccolto oltre ventimila adesioni nel corso dell'estate. Un grande risultato. E il giornalista-economista ne è consapevole. Intervistato dal Corriere della Sera alza l'asticella: "Puntare allo zero virgola? Questo si può tranquillamente esculdere. Con Italiafutura, l'associazione che fa capo a Montezemolo, abbiamo costituito un comitato politico e annunciato una convention per fine novembre". Non si tratterà, però, di un partito: "L'Italia - spiega Giannino - non ne ha bisogno. Cosa diversa è una piattaforma politica aperta". Maroni e Passera - Il giornalista è stato recentemente elogiato dal leader della Lega Nord, Roberto Maroni, che lo ha definito "un personaggio straordinario". Possibile che il percorso dei due, di Bobo e Oscar, si unisca sulla strada politica? "Non so se potremo fare un tratto di strada assieme, ma il fatto che parli di Nord e non di secessione è già un passo avanti", gli strizza l'occhio Giannino. Quindi i complimenti a Corrado Passera, il ministro che "sicuramente ha mostrato che le cose le sa fare, anche in un governo tecnico dove continuano a governare le apicalità ministeriali. Ha proposto molte cose - rimarca Giannino -, che il Tesoro non ha voluto tradurre in pratica". Sulle elezioni - Sul futuro di Monti, Giannino spiega: "Io non darei affatto per scontato che, dopo la campagna elettorale, chi ora sostiene il premier continui a farlo. E se Monti si presenta alle politiche, il rischio che le elezioni siano un torneo inutile diveterà un problema serio". E chi potrebbe essere il leader in grado di prendere il posto di Monti? "A destra non lo vedo - taglia corto Giannino - e nel Pd c'è il problema di Bersani e Renzi. A furia di classi dirigenti che non vogliono metterci la faccia - conclude -, l'Italia è arrivata dove è arrivata".

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