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Burocrazia canaglia, 8 anniper assumere 50 operai

L'azienda di scarpe Baldinini ha chiesto nel 2004 l'autorizzazione ad ampliare il polo produttivo ma il via libera non arriva

Matteo Legnani
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  Durante l'ultimo concorso di Miss Russia, Gimmi Baldinini è stato l'ospite d'onore. I fotografi lo hanno tempestato di scatti, immortalandolo circondato dalle bellezze slave, consapevoli di trovarsi con uno degli uomini stranieri più apprezzati del Paese. Le scarpe prodotte dall'imprenditore italiano, sono una leggenda; i suoi stivali, un lusso che solo in poche potranno permettersi. I 100 negozi a marchio Baldinini sparsi nelle principali città della Federazione, un terzo in proprietà diretta, il resto in franchising, forniscono la fetta preponderante del fatturato da 100 milioni di euro del bilancio 2011 dell'azienda romagnola e contribuiranno sostanzialmente alla crescita del 10% prevista per l'esercizio in corso. I russi, insomma, a Gimmi Baldinini, farebbero i ponti d'oro se solo volesse aprire un centro produttivo nei dintorni di Mosca. «Ma io sono nato in Romagna, le mie scarpe sono made in Italy e vorrei che i benefici dello sviluppo della mia azienda ricadessero in questo territorio», dice l'imprenditore a Libero. La ditta Baldinini si è sviluppata all'interno del distretto calzaturiero di Savignano e San Mauro Pascoli. Cresciuta nel corso di cento anni di storia grazie alla tenacia di generazioni di imprenditori, la società, passata sotto la guida di Gimmi, si è aperta ai mercati esteri e ha vissuto un'espansione senza precedenti. Ora i 7.000 metri quadri coperti all'interno dei 100 mila di proprietà Baldinini non bastano più per star dietro alle richieste dei clienti. L'imprenditore romagnolo vorrebbe raddoppiare i capannoni e assumere altre 50 persone da affiancare agli attuali 300 dipendenti. Solo che la burocrazia glielo impedisce. «Sono otto anni che ho fatto richiesta per l'ampliamento dei miei capannoni e ancora non sono riuscito a venire a capo di nulla. Le autorità locali si rimpallano la pratica attaccandosi a mille cavilli, fanno davvero passare la voglia di lavorare. Per fortuna quello che faccio mi appassiona ma avessi trent'anni di meno avrei già traslocato...», dice amareggiato Baldinini. E le occasioni non mancano di certo. Oltre ai russi ci sono anche gli svizzeri e gli austriaci a fargli la corte. La tecnica è quella già nota a molti imprenditori di successo. I rappresentanti dei distretti produttivi stranieri si presentano negli uffici dell'azienda e propongono di trasferire sede e produzione oltre frontiera. A tutti gli adempimenti burocratici ci pensano loro. Un'offerta difficile da rifiutare. Eppure, per nostra fortuna, c'è chi si ostina a voler restare, nonostante tutto. Ma la pazienza non è infinita, gli affari sono affari: otto anni per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie ad ampliare un capannone sono davvero troppi. Piuttosto dicano subito di no, ma i costi della mancata produzione e delle mancate assunzioni sono sono troppo alti per essere accettati. Soprattutto in un periodo di crisi come quello che il Paese sta vivendo. «Dicono che non c'è lavoro ma se trattano in questo modo chi lo vuole creare vuol dire che il problema sta soprattutto a monte». Se Baldinini dovesse avanzare una richiesta al governo Monti, sarebbe proprio quella di snellire drasticamente la burocrazia, soprattutto per le aziende: «Ci vorrebbero anche amministratori pratici, che guardino al di là del propio naso. Tra le richieste che mi hanno fatto nel corso dell'iter per l'autorizzazione dell'ampliamento della mia azienda, oltre a costruire strade e piste ciclabili c'è anche quella di fare un ponte. Un ponte, capisce?». Un “accordo di programma” che costerebbe all'azienda oltre un milione di euro. E non sono riusciti a mettere il timbro definitivo neanche a quello.  Nell'articolo che il quotidiano economico ItaliaOggi ha dedicato alla vicenda, si racconta di un'amministrazione comunale in quota Pd che si rimpalla la responsabilità con la Provincia, anch'essa a maggioranza di centrosinistra. E con un assessore pidiellino che attacca la Regione, rea di essere figlia di «un'ideologia che ha nel proprio dna la volontà di regolamentare tutto». Colori a parte, forse basterebbe il buon senso. E un po' di quella «praticità» tanto cara a Baldinini. A trarne profitto, sarebbe il Paese intero. di Antonio Spampinato  

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