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Reggio Emilia, lezioni di sesso anale a scuola

Giulio Bucchi
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Dopo le fiabe gay nelle scuole e negli asili di Venezia e dopo gli opuscoli dell'Unar “Educare alla diversità a scuola” che propongono l'immagine di famiglie diverse da quelle composte da uomo e donna, ecco che in una scuola di un paese vicino a Reggio Emilia, Castelnuovo ne' Monti, viene distribuito un pieghevole sul metodo migliore, per gli omosessuali, di fare sesso senza rischi. Lo scorso 5 aprile, nell'Istituto superiore Cattaneo-Dall'Aglio, al termine di un incontro coi rappresentanti di Arcigay Reggio Emilia in cui si discuteva di omofobia, è stato infatti offerto a tre seconde classi l'opuscolo Safer Sex Hiv. Infezioni sessualmente trasmissibili, in cui si mostrano i rischi di fare sesso, soprattutto anale, senza le adeguate protezioni. Il pieghevole presenta scene esplicite e adotta un linguaggio fin troppo colloquiale (per usare un eufemismo), in cui non solo si presentano certe forme di sessualità come già acquisite per ragazzi di quindici anni, ma le si descrive anche con atteggiamento morboso. Il prontuario del sesso-omo espone perfino le possibili infezioni alle quali si potrebbe andare incontro, praticando certe forme di sesso, e si mostra come prevenirle. Quanto alla sifilide, si consiglia di «usare un preservativo con un'adeguata dose di lubrificante a base d'acqua...». Per scongiurare l'epatite A si invita invece a usare «un preservativo tagliato a metà». Relativamente all'epatite B, che «si trasmette principalmente nel corso di rapporti anali e orali non protetti», si esorta a fare il vaccino, sottolineando che «la vaccinazione contro l'epatite B è gratis per i gay. Basta che tu dica al medico di essere gay». Per la gonorrea invece, si invita a «utilizzare un guanto di lattice per la penetrazione» e a «evitare lo scambio di sex toys». Il pieghevole dell'Arcigay distribuito agli studenti offre informazioni anche sull'Aids. Preso atto che «nella comunità omsessuale maschile sono sempre di più le coppie siero-discordanti (in cui uno è Hiv-positivo e l'altro negativo), si invita comunque a fare sesso se «i farmaci antivirali sono assunti con regolarità» e se «i due partner non presentano lesioni alle mucose». Omettiamo, per ragioni di decenza, la seconda parte dell'opuscolo in cui abbondano frasi ai limiti della volgarità e fioriscono descrizioni di rapporti sessuali, le cui finalità educative ci sfuggono. Non basta neppure, forse, a tal fine, l'obiezione che fa Michele Breveglieri, segretario nazionale dell'Arcigay: «Abbiamo preferito adottare il linguaggio corrente», ci dice, «quello che usano i ragazzi. Quando si parla di sesso, troppo spesso si ricorre a espressioni idealizzate o medicalizzate, che poco hanno a che fare con la realtà». Se è per questo, la scuola non dovrebbe farsi recettiva solo della realtà, accettarne le tendenze e le degenerazioni (anche linguistiche), ma dovrebbe proporre modelli, presentare stili di vita e invitare gli studenti all'uso di un linguaggio consono. L'alternativa è la deriva e l'accettazione supina del mondo. Da qui la responsabilità enorme dei professori. «All'incontro», avverte Fabiana Montanari, presidente di Arcigay Reggio Emilia, «erano presenti cinque professori, che hanno accettato la distribuzione degli opuscoli e ci hanno fatto i complimenti per l'attività svolta». I complimenti, capite. A nulla è valsa l'opposizione del preside dell'istituto, che ha detto di non essere informata della distribuzione del materiale scottante. Ma anche qui, forse, conta poco l'ingenuità. Ogni tentativo di parlare di omofobia, di discutere di discriminazioni nelle scuole o in altre sedi educative (recente il caso della proiezione di un film sull'amore omo a Bisceglie, in Puglia), si trasforma poi in un corso di formazione all'ideologia gender, in una propaganda sul matrimonio omosessuale o ancor peggio, come in questo caso, in una lezione di educazione al sesso tra gay, con tanto di precauzioni e avvertenze. «I ragazzi», ci dice Jacopo Coghe, presidente di Manif Pour Tous Italia, «non hanno bisogno di un ricettario su come far bene l'amore e di certo non è questo il modo per prevenire in loro (qualora mai ci fossero) sentimenti omofobici. I ragazzi hanno semmai bisogno di corsi sull'affettività, nei quali imparino ad amare il proprio corpo e a rispettarlo, anziché esibirlo o concederlo». Non dimentichiamoci l'età: parliamo di ragazzi di quindici anni. di Gianluca Veneziani

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