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Belpietro: Salvini ha fatto solo il suo dovere di politico

Matteo Legnani
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Quanto successo sabato mattina a Bologna al segretario della Lega Matteo Salvini spinge ad almeno due riflessioni. La prima riguarda il questore e il prefetto: dov'erano i rappresentanti dello Stato ieri a Bologna? Si sapeva da giorni che il segretario della Lega sarebbe giunto in città per recarsi al campo di via Erbosa e da giorni era nota l'opposizione dei soliti contestatori. Che cosa ha indotto i rappresentanti dello Stato a non schierare il reparto mobile là dove si erano dati appuntamento gli esponenti dei centri sociali e dove soggiornava il leader leghista? Un'altra spinge a tornare al 3 novembre, quando una consigliera comunale della Lega è stata aggredita per il solo fatto di essere entrata nel campo nomadi. Lucia Borgonzoni in consiglio comunale ha spesso fatto interrogazioni per sapere quanto costassero gli accampamenti intorno al capoluogo dell'Emilia Romagna e ha anche messo in luce che chi vive nelle roulotte e nelle baracche spesso non versa nemmeno il minimo contributo dovuto al Comune. Tuttavia questo non autorizza nessuno ad aggredire un consigliere comunale e a cacciarla dal campo. Così come non autorizza nessun antagonista a impedire a Matteo Salvini di visitarlo, arrivando fino al punto di sfondare il lunotto della sua macchina.  Non c'è provocazione in tutto questo. C'è soltanto il legittimo diritto di controllo che la politica dovrebbe esercitare. Tuttavia, se agli esponenti di un partito è impedito fisicamente di visitare un accampamento, viene immediata una domanda. Ma i campi nomadi sono ancora Italia? O lo sono solo quando il contribuente deve pagarne i costi? Inevitabile anche una domanda successiva: Bologna fa ancora parte di questa Repubblica o fa Repubblica a sé? Urge risposta. di Maurizio Belpietro

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