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Pansa: Salvini aggredito, vi dico dove ha sbagliato

Matteo Legnani
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I moderati italiani hanno bisogno di un leader nuovo, per non lasciare tutto il campo al Cerchio magico fiorentino e al suo dio in terra. Ma dire nuovo non basta. Il successore del Cavaliere deve possedere l'aggressività della tigre e al tempo stesso la pazienza del mulo. Ha il compito di spiegare ai moderati italiani che cosa è possibile fare per uscire dal baratro della crisi economica e sociale. Urlare non gli servirà a nulla. Avrà l'obbligo di ragionare e non di essere contro tutto e tutti. Salvini è sempre stato un uomo-contro. La sua storia politica è succedersi incessante di gesti clamorosi, tutti di protesta. Ne ricordo uno privo di senso. Il giorno che il presidente della Repubblica in carica, il galantuomo Carlo Azeglio Ciampi, andò in visita ufficiale a Palazzo Marino, il municipio di Milano, lui rifiutò di stringerli la mano. Ringhiando: "No, grazie dottore. Lei non mi rappresenta!". Nel dicembre 2009, Salvini se la prese con l'arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, per aver criticato il sindaco Letizia Moratti che intendeva far sgomberare i campi rom. In seguito si scagliò contro il nuovo ministro per l'integrazione, Cécile Kienge, sostenendo che voleva regolarizzare i clandestini pronti ad accoppare gli italiani per bene. Po si dichiarò contrario alle adozioni gay. A Bergamo, nel corso della festa della Lega, la prima dopo essere diventato segretario generale, propose: "Dobbiamo dare dei calci nel sedere a qualche giornalista servo infame. Così gli offriremo almeno un motivo per dire che siamo cattivi". Sempre nella stessa festa, Salvini propose una pena esemplare per Rutelli, Veltroni e Alemanno che avevano amministrato Roma negli ultimi dieci anni, causando un deficit di sedici miliardi di euro: "Vanno deportati in un'isola deserta del Pacifico circondata di squali". Ed è inutile rammentare tutte le sventagliate contro l'Unione europea, le sue regole 'assassine'". A sentir lui, l'Ue è un regime non diverso dall'Unione sovietica di Stalin, un grande gulag per i popoli del continente. Nel suo percorso da capitan Fracassa, Salvini non ha esitato a cercare un'intesa con un gruppo di estrema destra, Casa Pound.  Come autore di libri revisionisti sulla guerra civile, devo gratitudine a quel circolo che mi ha sempre difeso. Ma non comprendo l'elogio dedicato a Salvini dal suo leader, Gianluca Iannone: "Salvini sta ampliando gli orizzonti della Lega per costruire, fuori dal centrodestra, un soggetto di carattere nazionale. A partire da pochi punti chiave: lotta all'immigrazione, contestazione delle politiche criminali dell'Unione europea, asse privilegiato dell'Italia con la Russia. Sono le nostre battaglie di sempre". In realtà, il boccone che Salvini spera di mangiare non è Casa Pound, ma Berlusconi. Tra i due esiste un abisso anagrafico: il Cavaliere ha 78 anni, Matteo 41, trentasette di meno. In un'Italia che invecchia e va in orgasmo per i giovani, sperando di non essere destinata a esecuzioni di massa, il vantaggio del leader leghista è evidente. Soprattutto davanti all'occhio implacabile della tivù. Il capo leghista è affamato di comparsate televisive. Lì sembra il nipote del Berlusca. Ha persino fatto sparire la barba, nella speranza di darsi l'aria da bamboccione alla Renzi. Tuttavia l'Italia è un paese moderato e oggi anche spaventato. Non si affiderà mai a un Grillo, a un Salvini, persino a un Renzi che la vorrebbe sempre in corsa veloce, senza respiro e tutto annunci. Abbiamo bisogno di una calma forza tranquilla. Ma a questo punto entra in scena ciò che resta di Forza Italia e dai partitini che le dovrebbero essere alleati. Se gli eredi di Berlusconi la smetteranno farsi la forca, per Salvini non ci sarà nessun futuro da leader nazionale. Gli converrà ritornare in Corea del Nord. A farsi spiegare come si conquista il potere e lo si mantiene a forza di lacrime e sangue. di Gianpaolo Pansa

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