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Caccia al superboss degli scafisti che porta i migranti in Italia

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Ignazio Stagno
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Si chiama Ahmed Mohamed Farrag Hanafi, ha compiuto 32 anni a luglio, e ufficialmente risiede nel governatorato di Kafr El Sheik, nel Nord del Paese. Da pochi giorni è ricercato in Egitto e altrove per i reati di associazione per delinquere finalizzata all'ingresso illegale in Italia di profughi siriani ed egiziani. E' lui, secondo le autorità egiziane e quelle italiane il super boss degli scafisti. A far scattare le ricerche sono state alcune telefonate realizzate da Farrag Hanafi qualche mese fa. Il 13 settembre dello scorso anno uno degli scafisti sorpresi a trasportare esseri umani nelle acque del Mediterraneo ricevette una chiamata dall'Egitto. L'avevano appena bloccato dopo il trasbordo di 199 migranti dalla nave più grande a una più piccola, per farli arrivare clandestinamente in Italia. La motovedetta della Guardia di Finanza lo stava scortando verso il porto di Catania, a bordo della nave madre senza nazionalità e con il nome cancellato, quando il telefonino del capitano squillò. Era il suo capo, che dall'Egitto chiedeva notizie e dava indicazioni per limitare i danni. "Quando ti hanno fermato che cosa ti hanno detto?", chiese. "Hanno detto che volevano vedere i documenti", rispose il capitano. "Ma voi siete scappati?": "Non abbiamo fatto niente per farli insospettire...". Le intercettazioni - Il destino della nave e del capitano dipendeva dalle dichiarazioni dei migranti: "Se qualcuno ha testimoniato non ci lasciano andare - spiegò ancora il capitano -. Vedi per un avvocato e sistema tutto". L'altro lo rassicurò: "L'avvocato ti arriverà direttamente, gli sto mandando dei soldi". Due ore dopo il capo richiamò e ordinò: "Vi possono far fare il confronto, ti prego fai attenzione... Ti scongiuro, tu e i ragazzi non li conoscete... Voi siete venuti con il coso dalla Siria...". In realtà arrivavano dall'Egitto, e loro erano scafisti, non migranti. Sfruttatori della disperazione altrui, non vittime della propria. Ma la linea difensiva doveva essere netta: "Dovete negare che li conoscete, così non succederà un grosso problema per voi e per loro". La terza telefonata giunse dopo un'altra ora: "L'avvocato dovrebbe essere all'interno del porto, gli ho trasferito i soldi da due ore". Queste conversazioni furono intercettate perché quello sbarco era già il terzo in poche settimane sulle coste della Sicilia orientale, e gli investigatori del Servizio centrale operativo della polizia avevano messo sotto controllo alcuni numeri indicati dai migranti. Così poterono ascoltare il colloquio tra il «capitano» e il suo referente dall'altra parte del mare, l'organizzatore delle traversate sulla rotta Alessandria-Siracusa, o Catania. Una persona rimasta sconosciuta fino a poco tempo fa, quando i poliziotti e la Procura di Catania sono riusciti ad attribuirgli nome, cognome, indirizzo grazie alla collaborazione delle autorità del Cairo. Ed è scatta la caccia. 

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