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Il piano degli islamici italiani: due milioni di profughi

Matteo Legnani
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L'islam tenta il sorpasso demografico attraverso i rifugiati. Ne auspicano almeno altri due milioni sul territorio italiano. Anzi, li pretendono. Come se fosse una questione di bene comune, Izzedine Elzir, il presidente dell'Ucoii, fa notare che «noi come Italia, abbiamo interesse a farne venire il più possibile perché gli immigrati, essendo finanziati dalla Ue, fanno girare l'economia locale». E comunque, spiega, «non pagano gli italiani, paga l'Europa». Come se l'Italia non fosse uno dei tre maggiori contribuenti delle istituzioni comunitarie. E come se, trascurandone le conseguenze culturali, a pesare fosse soltanto l'aspetto finanziario della questione. In realtà i buoni esempi, consigliati agli italiani affinché si persuadano ad aprire le porte a chiunque, sono piuttosto diversi e lontani dalle buone pratiche di accoglienza indicate dai palazzi di Bruxelles. «Se un piccolo Stato come la Giordania ha accolto un milione di profughi dalla Siria, l'ltalia può arrivare a una cifra ben superiore, anche a due milioni come la Turchia, se adeguatamente supportata dalla Ue sul piano economico», sostiene Elzir, intervistato sul canale Youtube KlausCondicio. Che in un Paese arabo o a maggioranza musulmana, l'impatto dell'ondata migratoria sia pari a quello vissuto dalla popolazione europea, è difficile da sostenere. Ma il numero uno dell'Unione delle comunità islamiche italiane (fra le sigle chiamate dal ministro dell'Interno Angelino Alfano alla Consulta per l'Islam del Viminale) insiste, citando sempre il Medio Oriente o il Nordafrica: «In Giordania, paragonabile come grandezza alla Lombardia, c'è un milione di profughi siriani. In Turchia ci sono più di due milioni di profughi. Un piccolo Paese come la Tunisia ha avuto più di un milione di profughi. Noi facciamo propaganda per creare la paura, ma siamo in grado di accogliere». Rimane da vedere se chi proviene da luoghi dove usi e costumi sono radicalmente diversi rispetto ai Paesi di arrivo, sia compatibile con la popolazione locale. E soprattutto se non vi sia un obiettivo politico-religioso, mimetizzato dietro la sensibilizzazione all'aiuto umanitario. In altre parole, più numerosi sono quelli che esigono la moschea, più è facile ottenerla. E più avanza l'islamizzazione. Dei doveri di chi viene ospitato in Italia, non si parla. E questo conduce inevitabilmente a una contrapposizione fra i diritti della maggioranza e quelli delle minoranze. Entrambi sacrosanti, benché Elzir si preoccupi semmai di tutelare le persone inserite nella lista nera dei sospetti jihadisti. «Ci saranno ricorsi in sede italiana ed europea, affinché ai presunti terroristi espulsi dall'Italia sia garantito un giusto processo», annuncia. Ci si prepara a una battaglia legale contro lo stesso Stato che assicura protezione, rifugio e asilo ai bisognosi. C'è un network già pronto per tentare di annullare le decisioni adottate per garantire la sicurezza e «associazioni di diritti civili si impegneranno in quella direzione, perché a nostro avviso non sempre lo Stato di diritto è stato rispettato». Al timore per le nuove reclute dell'Isis in partenza dall'Italia, si aggiunge quello dell'invasione. È più di un sospetto perché la cronaca giudiziaria nel frattempo si occupa di altre associazioni (ma in questo caso a delinquere), che si sono mosse per chiamare a raccolta musulmani da tutto il mondo, gestendo il traffico dell'immigrazione clandestina. Zaheer Ul Haq e Imitias Khan, due pachistani arrestati venerdì perché accusati di aver fondato la filiale di Al Qaeda in Italia, si vantavano di conoscere chi aveva fatto documenti falsi per duemila persone e ci deridevano: «L'Italia è diventata un grande bazar! E tutto il mondo sta arrivando qui!» Convinti che il numero è potenza, gli ultrafondamentalisti musulmani fanno risuonare il richiamo alla hijra, la migrazione per la causa di Allah. A noi, riservano la minaccia dell'Isis: «Conquisteremo Roma e rapiremo le vostre donne». di Andrea Morigi

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