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Fiorello e Barbara D'Urso dimostrano che si può fare giornalismo senza trascurare lo show

Giovanni Ruggiero
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E se i migliori giornalisti fossero proprio gli uomini e le donne di spettacolo? La questione è interessante e nasce dal riconoscimento ricevuto ieri dallo showman Rosario Fiorello. Con la sua Edicola Fiore, la rassegna stampa che conduce ogni mattina dal bar vicino casa insieme con un gruppo di amici, Fiorello ha vinto il prestigioso premio «È Giornalismo». Si tratta, a tutti gli effetti, di un'istituzione importante per il mondo dell'informazione: a fondare il premio furono Indro Montanelli, Enzo Biagi, Giorgio Bocca e l'imprenditore Giancarlo Aneri, vera anima dell'iniziativa, membro dell'attuale giuria assieme a Giulio Anselmi, Mario Calabresi, Paolo Mieli, Gianni Riotta e Gian Antonio Stella. «In un momento in cui vediamo tante edicole tradizionali chiudere, conseguenza della crisi della carta stampata, questo premio vuole essere un segnale di attenzione ad un comparto storico del mondo dell'editoria», ha spiegato ieri Aneri. «Ma vuole essere anche un modo per sottolineare che l'informazione è, sì, cambiata, si è evoluta tecnologicamente - e Fiorello nella sua Edicola prende in considerazione tutti i mezzi di comunicazione - ma al giornale da sfogliare non si può ancora rinunciare. E se Montanelli, Biagi e Bocca fossero stati ancora qui con noi ce lo avrebbero ricordato a loro modo». Sembra un paradosso, però non lo è per nulla: mentre i santoni, i santini e gli aspiranti tali della penna piangono la morte del «giornalismo d'inchiesta» e si consumano le mani nel batterle ai cronisti americani del film da Oscar Spotlight, l'uomo di puro spettacolo riesce a rivitalizzare i giornali e l'informazione. A erigere una barricata che li difenda. È emblematico, mentre la crisi dell'informazione tradizionale, anche non d'inchiesta, avanza. E fa pensare che forse - almeno nel caso italiano, dove agli infotainer (gli ibridi che coniugano informazione e show) i giornalisti hanno sempre fatto la guerra e guardato con snobismo da lesa maestà - bisognerebbe levarsi un po' di puzza da sotto il naso. E posizionarci un bello specchio. Utile a comprendere che se siamo nell'era della mescolanza assoluta, per cui alcuni ritenuti grandi numi del giornalismo come Marco Travaglio e Beppe Severgnini s'impossessano dei teatri dove portano in giro spettacoli di journalism-theatre (a volte con risultati patetici), allora altrettanto normale deve essere considerata la «trans professionalità» dello showman che fa informazione. Personalmente, ritengo che Fiorello faccia informazione meglio di quanto quegli altri giornalisti facciano teatro. La sua vera grandezza è proprio di quella di informare - leggendo i giornali - senza dimenticare la sua vocazione di intrattenitore. Fiorello non fa sermoni ideologici, presenta le notizie riuscendo a interessare chi lo ascolta, è popolare e vero. È questo anche il caso di Barbara d'Urso. La conduttrice di Domenica Live da tempo è bersagliata dalle polemiche. Specula sulle tragedie, disse qualcuno quando intervistò la figlia degli anziani coniugi trucidati a Palagonia qualche mese fa da un migrante. In realtà, era vero che la fece semplicemente parlare e forse sfogare, mentre tutti gli scribacchini dell'informazione e i pappagallini della politica edificavano castelli di carta sulla cosa, senza mettersi nei suoi panni di orfana di un terrificante omicidio o in quelli degli ammazzati. A un certo punto hanno anche provato a impedire a Barbara di fare interviste. L'Ordine dei giornalisti l'ha portata in tribunale con l'accusa di «esercizio abusivo della professione giornalistica». Perché pur non essendo iscritta all'ordine, la svolgeva tramite interviste e talk show. Come tutti gli infotainer del mondo. Ma anche per lei è arrivato un riconoscimento ufficiale. Il Gip del Tribunale di Monza ha appena rigettato l'accusa. Scrive Mediaset in un comunicato ufficiale: «Il gip Giovanni Gerosa ha chiarito che la tipologia del programma di Barbara d'Urso è inquadrabile nell'infotainment, attività nella quale la conduttrice è peraltro coadiuvata da una redazione di giornalisti professionisti». Come nel caso di Fiorello, anche la D'Urso fa informazione intrattenendo il pubblico. Vedete, non è una colpa. Semmai, è un merito. Che indica come molti degli attuali profeti del giornalismo abbiano perso di vista la concezione di un pubblico da intrattenere, considerandolo invece da educare, come se fosse scemo. Complimenti Fiore, complimenti Barbara. Oltre che dell'infotainment, siete patrimonio di un'italianità semplice e vera: odiata e non compresa da pochi, ma amata e capita da tantissimi. Gemma Gaetani

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