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Topless, Repubblica "assolve" quello islamico e condanna quello italiano

Amina, l'attivista Femen arrestata in Tunisia

Ma il principio della libertà di una donna di usare il proprio corpo come vuole deve valere ovunque.

Lucia Esposito
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  Oggi lunedi 20 maggio  il quotidiano Repubblica mette in prima pagina la notizia di Amina, la diciannovenne musulmana attivista di Femen arrestata a Kerouan un attimo prima che scoprisse il seno davanti alla moschea di Oqba Ibn Nafaa, dove i salafiti si era asserragliati dopo gli scontri con la polizia. La ragazza, diventata famosa per aver mostrato il suo corpo in segno di protesta contro gli abusi sulle donne nel suo Paese, aveva fatto arrabbiare parecchio i predicatori islamici che per lei hanno chiesto la pena di morte.   Ideologia Il topless di Amina viene definito "dirompente perché mette in mostra la divaricazione tra l'individualismo e l'olismo, fattore che ancora oggi marca la differenza tra Occidente e Islam". Anche Femen, anche Amina, è "contro la mercificazione, ma mettersi a nudo nel mondo della Mezzaluna islamica vuol dire innanzitututto mostrare la contraddizione dell'oppressivo e claustrofobico dominio maschile. Un diverso sguardo sul senso della dignità femminile destinato a una rotta di collisione fatale". Il topless islamico ha un fortissimo valore ideologico, perché finalizzato a condannare la sottimissione della donna in una società fortemente maschilista. A pagina 18, nelle cronache c'è un altro topless. E'quello di una modella che posa come una statua nella vetrina di un negozio di cosmetici a Pisa, esposta nelle vie del centro in perizoma e grazie in bella vista. Ecco, questo topless bollato come una "trovata pubblicitaria" viene condannato fortemente. Il quotidiano riporta il tweet del ministro dell'Istruzione Anna Chiara Carrozza che scrive: "Da Pisa mi aspetto di più" e le affermazioni dell'assessore alla Cultura del Comune Silvia Panichi: "Sarebbe forse il caso di usare il corpo delle donne per lanciare messaggi un po' più alti, soprattutto in un periodo come questo di oppressione anche fisica per le donne. Per quanto ne so, la performance aveva soltanto come fine quello di promuovere i prodotti da vendere". La provocazione - L'intervento dell'assessore offre lo spunto per una riflessione. Premesso che non può affiancare la protesta per la condizione femminili in certi Paesi arabi con l'esibizione del corpo per scopi pubblicitari,  si può tuttavia fare una considerazione che vuole anche essere una provocazione: perché il topless islamico sì e quello italiano no? Se deve essere tutelata la libertà di una donna di usare il proprio corpo, questo deve valere per tutte, da Tunisi a Pisa.  Se invece si legittima quello islamico e si condanna il topless italiano, nello stesso istante si esprime un giudizio "di merito" che distingue tra il corpo usato per difendere i diritti e quello utilizzato per guadagnare. Il fine è diverso ma il "mezzo" è lo stesso. O no?   

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