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Lattes, l'architetto "dimenticato" che ridisegnò le città italiane

"L'architetto ritrovato" ripercorre la breve vicenda artistica di uno dei protagonisti di razionalismo e funzionalismo tra anni Venti e Trenta, a Terni e non solo

Giulio Bucchi
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Enrico Lattes, l'architetto ritrovato (D. S. Pirro, Gangemi Editore 2013) è un'opera dedicata al genio di Lattes (1904-1934), architetto di origini ebraiche che diede nuovo e moderno volto alle città italiane nel corso degli Anni Venti e Trenta, tuttavia dimenticato dopo la sua prematura morte. Allievo di Gustavo Giovannoni, diplomato alla Regia Scuola di Archiettura di Roma, nella metà degli anni Venti Enrico è nelle colonie d'oltremare dove si impegna in importanti progetti per i padiglioni della fiera campionaria di Tripoli. In Italia partecipa e vince diversi bandi a Roma e, nel 1933, a Terni, tra i più grandi centri siderurgici del Paese, dal 1926 eretta al rango di capoluogo di provincia da Benito Mussolini: "Su mia proposta il Consiglio dei Ministri ha elevato codesto comune alla dignità di Capoluogo di Provincia. Sono sicuro che col lavoro, con la disciplina e la fede fascista, codesta popolazione si mostrerà sempre meritevole della odierna decisione del Governo Fascista" (telegramma al sindaco di Terni del 6.12.1926). Con i colleghi Saul Bravetti ed Enrico Staderini, Enrico Lattes tenta di coniugare la tradizionale e storica architettura cittadina con la realizzazione di edifici che alle linee razionaliste affiancano una piena funzionalità, come il Palazzo del Governo (ancor oggi sede della Prefettura) che sorgerà di fronte alla Fontana (1932) di Mario Ridolfi. L'architetto ritrovato sottolinea come l'azione di Lattes vada ben oltre i limiti della sua professione di architetto e si ponga nel contesto dello sviluppo di una nuova geografia del paesaggio nostrano. Il processo di cambiamento che ne segue determinerà la progressiva estensione dei centri urbani a scapito delle aree rurali, processo che troverà suo compimento nel dopoguerra a cavallo tra gli Anni Sessanta e Settanta. di Marco Petrelli

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