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Evviva Papa Francesco, ma non i clandestini

Papa Francesco in mezzo ai migranti di Lampedusa

Politici e istituzioni europee che esaltano strumentalmente il gesto di Bergoglio vogliono eliminare il reato di clandestinità. Poi torneranno a infamare la Chiesa

Maria Giovanna Maglie
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  Il Papa è il Papa, segue strade che a noi sfuggono, fa il suo mestiere di evangelizzatore, e Papa Bergoglio con la saggezza che caratterizza le grandi istituzioni, e dalle quali molto il carrozzone Italia avrebbe da imparare, fa il suo come si conviene a un risanatore, a un rammendatore di fino di una Chiesa cattolica la cui tela si era sfilacciata, i colori offuscati. Non spetta al Papa, che sta provando a rischio e pericolo suo a occuparsi di Ior e corruzione delle gerarchie,  decidere che fare in base all'uso e abuso che di una sua iniziativa farà, come ha già abbondantemente fatto, Laura Boldrini o qualche altro radical chic di Amnesty, o delle varie agenzie inutili dell'Onu, quell'esercito di burocrati che delle emigrazioni, della povertà, delle torture, delle guerre, della pena di morte, hanno fatto un mestiere per la vita. Il Papa resta se ha salute e forza, un presidente della Camera è di passaggio, figurarsi un Walter Veltroni accampato da Telese con l'ultimo libro invece che in Africa. La premessa non è fatta per arrampicarsi sugli specchi, o per introdurre un sistema logico di quelli tipici del doppiopesismo italian style. Non sono qui a dire, io che del politically correct me ne infischio, che il Papa ha fatto bene ad andare in penitenza a Lampedusa da una parte, ma dall'altra ha fatto male ad andarci. Può fare quel che vuole, ma pur con le migliori intenzioni può aver fatto una scelta che ha effetti negativi nel Paese adiacente a quello in cui vive, nella capitale della quale è vescovo, nel governo con il quale anche un cardinale venuto dalla fine del mondo sa che potere di influenza e pressioni anche pesanti della Chiesa sono una prassi antica, sbagliata ma antica. Nella fine del mondo, vezzo con il quale Bergoglio definisce l'Argentina, il cardinale e gesuita la politica la faceva e come, da peronista e populista, da avversario fiero di certi presidenti come gli ultimi, i Kirchner. Dunque conosce bene le conseguenze delle parole e delle azioni di un prelato influente, figuriamoci di un Pontefice che agisca in quella che ora è casa sua - se, come accade qui in Italia, la posta in gioco su certi argomenti è pesante e dolorosa, la coincidenza strumentalizzabile, il tempo perfino sospetto. Il Papa che è andato a Lampedusa senza occuparsi delle umane e miserabili cose come la discussione di una legge  ideologica e pretestuosa che elimini il reato di clandestinità, da oggi avrà degli amici e degli alleati pelosi nel panorama politico italiano. Lui può infischiarsene, noi no. Noi non possiamo non ricordare l'ondata di critiche e proteste che accompagnò lo straordinario discorso sull'Occidente, la sua storia e la sua sorte, di Ratzinger; gli indignados  del meticciato erano gli stessi che oggi plaudono saziati di meticciato a ciglio umido alla corona di fiori nel mare cimitero di Lampedusa, ma domani riprenderanno a massacrare la Chiesa e a calunniarla se serve per la causa dei matrimoni di preti e di omosessuali. Le istituzioni europee che oggi si congratulano entusiaste sono le stesse che non vogliono aiutare economicamente l'Italia nell'accoglienza, figurarsi, in realtà vogliono distruggere la nostra economia, gli immigrati sono un dettaglio del progetto; gli stessi che ci vogliono mollare l'intero fardello, gli stessi che in barba a Schengen hanno ripristinato le frontiere, hanno bloccato l'accesso a cittadini di alcuni Paesi comunitari in nome di sicurezza e difesa dal crimine che a noi negano; gli stessi che fanno sparare l'esercito all'arrivo di un barcone, chiedere conferma se hanno coraggio agli editorialisti lirici di Mundo, Pais, Figarò, che oggi gongolano perché il Papa ha bastonato l'Italia e ha snobbato i suoi politici. Che poi i politici non avrebbe dovuto specificare di non volerli il Papa o la sua organizzazione, è bene che si siano tenuti lontano, voglio sperare per libera scelta, da una visita che solo loro assenti può rivendicare il ruolo meramente pastorale, di rilettura del Vangelo e di invito ai cattolici a scegliere un comportamento perfino eroico, ma esclusivamente individuale. Guai se ieri il governo Letta, qualche suo ministro, oltre al gesto cortese di mettere un aereo a disposizione del Papa, avesse pensato di accompagnare Bergoglio e condividere così non le parole del Vangelo ma l'interpretazione politica che prima di tutti alcuni vescovi, quello di Mazara, quello di Agrigento, hanno ritenuto di fare, speculando sulle parole.Quando il Papa parla di globalizzazione dell'indifferenza, come se tutta la cattiveria dell'umanità fosse concentrata qui e ora, dimentica la storia, e non dico le Crociate o Lepanto, dico anche la sua, perché sa benissimo che l'Argentina degli immigrati è stata costruita sullo sterminio degli indigeni. Lui deve farlo, noi no. di Maria Giovanna Maglie  

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