Dossier e depistaggi per aggiustare i processi: in cella anche un pm
Avvocati, magistrati, giornalisti, docenti universitari, imprenditori e professionisti. Sono molti i colletti bianchi coinvolti nell' operazione, coordinata dalle procure di Roma e Messina, che ha alzato il velo su una rete di potenti che avrebbe orientato diversi procedimenti amministrativi e inchieste penali praticamente in tutta Italia. A beneficiarne sarebbero state aziende e clienti di un noto avvocato, Piero Amara, 48enne di Augusta, in provincia di Siracusa, ritenuto la mente dell' organizzazione. Il legale, che avrebbe avuto fra i propri clienti aziende di mezza Europa, sarebbe stato consigliere di diversi giudici amministrativi. Ieri all' alba, l' ordinanza restrittiva eseguita dalla Guardia di finanza che ha fatto finire ai domiciliari una ventina di persone, fra cui un magistrato, Giancarlo Longo, fino a pochi mesi fa pm alla procura siracusana, da qualche tempo trasferito dal Csm a Napoli per motivi disciplinari. La sua figura è finita al centro delle indagini a seguito di un esposto firmato da otto suoi colleghi di Siracusa. Il suo coinvolgimento sarebbe stato suffragato anche dalle registrazioni di alcune telecamere nascoste piazzate nel suo ufficio. Peraltro, il magistrato avrebbe avuto notizia delle microspie e si sarebbe attivato per neutralizzarle. COLLETTI BIANCHI Oltre all' avvocato Amara, domiciliari anche per un altro legale, Giuseppe Calafiore, che però 24 ore prima del blitz ha lasciato l' Italia diretto a Dubai. Coinvolti nell' inchiesta pure il docente universitario Vincenzo Naso, professore alla Sapienza di Roma, il giornalista siracusano Giuseppe Guastella, il dirigente regionale Mauro Verace, l' ex presidente del Consiglio di Stato Riccardo Virgilio e una sfilza di altri colletti bianchi. Fra gli arrestati anche l' imprenditore Enzo Bigotti, già coinvolto nel caso Consip. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere, falso, intralcio alla giustizia e corruzione e riguarderebbero episodi degli ultimi cinque anni. Stando alle indagini, gli avvocati Amara e Calafiore avrebbero versato fiumi di denaro al magistrato, quasi 90mila euro, oltre a vacanze pagate per lui e per i familiari. In cambio Longo avrebbe creato fascicoli "specchio" e fascicoli "minaccia", che il magistrato si sarebbe auto-assegnato per monitorare indagini di competenza di altri suoi colleghi che interessavano ad Amara e Calafiore e inquinare, così, vari procedimenti penali. CONTO SVIZZERO Tra queste inchieste, vi sarebbe quella avviata dai pm della procura di Milano nei confronti dell' amministratore dell' Eni Claudio De Scalzi. Fra i difensori dell' Eni ci sarebbe stato proprio l' avvocato Amara, che insieme a Massimo Mantovani, ex responsabile dell' ufficio legale (e oggi dirigente) di Eni, avrebbe organizzato un presunto depistaggio per condizionare le inchieste milanesi, mediante l' intermediazione di un amico del legale, Alessandro Ferraro, che nell' estate 2016 aveva denunciato di essere rimasto vittima di un tentativo di sequestro, finalizzato a realizzare un complotto internazionale per far fuori De Scalzi. In realtà non ci sarebbe stato alcun complotto, ma per gli investigatori si sarebbe trattato di un piano ordito dallo stesso Amara per ottenere informazioni. Lo proverebbe anche il fatto che il pm che avviò l' inchiesta per il finto tentato sequestro di persona era stato proprio Longo. I pm evidenziano anche il presunto ruolo dell' allora presidente del Consiglio di Stato Virgilio, che avrebbe accolto le istanze di due società, seguite dagli avvocati Calafiore e Amara, in cambio - sostengono i magistrati - di 751 mila euro transitati su un conto svizzero. di Alberto Samonà