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La truffa del San Daniele tarocco: sequestrati 270mila prosciutti

Cristina Agostini
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Oltre 100 indagati, 25 aziende finite sotto accusa, la procura di Pordenone ha chiuso le indagini preliminari sullo scandalo dei falsi prosciutti Dop deflagrato l' inverno scorso anche se le indagini condotte dai Carabinieri dei Nas e dall' Ispettorato centrale repressione frodi, con il coordinamento del sostituto procuratore Marco Brusegan, sono partite addirittura nel 2016. L' ipotesi accusatoria è pesante: associazione a delinquere finalizzata alla frode aggravata in commercio e alla contraffazione del marchio Dop Prosciutto di San Daniele. A carico di alcuni dei 103 indagati sono ipotizzati a vario titolo anche altri reati: dal falso in atto pubblico all' omessa denuncia, in relazione ai controlli effettuati presso alcuni allevamenti. Indagati pure due ispettori del consorzio di tutela per omessa denuncia della frode su una partita in cui la data di inizio stagionatura era alterata. Indagato anche un ufficiale dei carabinieri (non in servizio a Pordenone) accusato di aver rivelato ad alcuni degli indagati notizie riservate sull' attività investigativa. Il materiale raccolto dagli inquirenti sarebbe «corposo» e si basa anche su intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali, analisi su campioni di prosciutti e di sangue. Leggi anche:  Il salmone affumicato? Non mangiatelo: cosa ci hanno trovato dentro SUINI FUORILEGGE - Secondo la Procura è dimostrato che sono stati messi sul mercato prosciutti Dop San Daniele ricavati da suini allevati e macellati senza rispettare quanto previsto dal disciplinare di produzione e che dunque non avrebbero potuto fregiarsi della Denominazione di origine protetta. I suini avevano un patrimonio genetico non ammessa dal disciplinare (Duroc danese) e venivano alimentati con scarti della produzione industriale di pane, pasta, pizza e dolciumi. E proprio grazie alla razza dei verri da cui proveniva il liquido seminale con cui erano fecondate le scrofe venivano portati al macello prima dell' età minima prevista. La prosciuttopoli però rischia di travolgere anche altre Dop, oltre al San Daniele. L' inchiesta di Pordenone è parallela a quella condotta dalla Procura di Torino che ha fatto emergere le medesime ipotesi di reato in relazione a un' altra Denominazione d' origine protetta, il Prosciutto di Parma. Una dimostrazione che la pratica di alterare il patrimonio genetico dei suini era molto diffusa. La Procura Friulana ha emesso decreti di sequestro per 270mila prosciutti, per 27 milioni di euro. E altrettante cosce di Parma sarebbero state «smarchiate», perdendo così la Dop. Ma i campioni del made in Italy a tavola finiti al centro di casi di cronaca sono numerosi, a dimostrazione che assieme all' italian sounding, la falsificazione sistematica di prodotti italiani perpetrata all' estero, anche gli italiani non scherzano quanto a tarocchi. Di falso non c' è soltanto il Parmesan, insomma. E la lista è molto lunga. Lo scorso mese di marzo sempre i Nas dei Carabinieri hanno sequestrato oltre 18mila forme di Parmigiano Reggiano (valore 10 milioni di euro) ottenuto in due diversi caseifici nel Mantovano senza rispettare il disciplinare. BRUNELLO TRUCCATO - Sempre di recente, nella primavera dello scorso anno la Guardia di Finanza ha smascherato in provincia di Siena una frode basata sulla falsificazione di due prestigiosi vini toscani il Brunello e il Rosso di Montalcino, già al centro del maxi sequestro di 220mila bottiglie nell' autunno del 2014. La Procura di Reggio Emilia, nella tarda primavera del 2017, ha emesso 27 avvisi di garanzia in relazione a una complessa indagine sul ritrovamento di antibiotici e aflatossine in alcune forme (prontamente bloccate) di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. di Attilio Barbieri

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