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Imane Fadil, una fine agghiacciante: "Costretta a vivere tra i topi e la loro urina. Forse..."

Davide Locano
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In attesa dell'autopsia che potrebbe fare chiarezza sulla sua morte, sempre più misteriosa dopo l'esito dei primi esami del sangue, si indaga su Imane Fadil, la testimone chiave del processo Ruby scomparsa lo scorso primo marzo dopo un mese di agonia per un presunto avvelenamento. Si passano ai raggi X la sua vita e i suoi ultimi giorni. E alcune rivelazioni interessanti, e sconvolgenti, arrivano dal Corriere della Sera. La Fadil entrò nella clinica Humanitas di Rozzano lo scorso 29 gennaio, ed era già debolissima: una delle prime ipotesi formulate dei medici era la leptospirosi, ovvero una malattia che compromette gli organi vitali e che si prende a contatto con l'urina dei topi. Già, perché la 34enne marocchina era ridotta malissimo, in stato di sostanziale indigenza, tanto da essere stata costretta a vivere in una casa infestata dai topi, appunto: lo ha riferito lei stessa ai sanitari. Probabilmente si riferiva a una cascina nelle campagne di Chiaravalle dove ha trascorso qualche tempo, struttura a cui addirittura mancavano i vetri. Leggi anche: Morte Imane Fadil, il titolo da brividi di Repubblica I familiari la aiutavano come potevano: i denari a disposizione infatti erano pochi. Sempre secondo il Corsera, comunque, Imane si è sempre vestita in modo impeccabile, almeno fino a quando la malattia ha iniziato a divorarla. Pochi gli amici, anzi pochissimi: uno di loro la ha ospitata in casa negli ultimi tempi prima del ricovero nella clinica da cui non è mai uscita. Come è noto, in particolar modo nelle ultime settimane, la Fadil viveva nel sospetto e nella paranoia: più volte ha detto di temere di essere spiata e seguita, sosteneva che le volessero fare del male. E forse così è stato: la procura di Milano, ad oggi, sospetta di avere a che fare con un caso di omicidio.

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