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Imane Fadil, la bomba dell'uomo che la ospitava in casa: "La sua morte collegata a un fatto ben preciso"

Davide Locano
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Torna d'attualità il caso di Imane Fadil, la testimone del processo Ruby morta in circostanze ancora misteriose: per i risultati degli ultimi complessi esami autoptici, si è appreso nelle ultime ore, saranno necessari altri tre mesi. Esami complessi perché bisogna comprendere se effettivamente la modella marocchina è stata avvelenata. E ora, intervistato da Repubblica, di lei parla John Pisano, l'uomo che la ha ospitata per due mesi e mezzo nella sua casa di Rozzano, alle porte di Milano, dove la Fadil è rimasta fino alla sera del ricovero, il 29 gennaio scorso. Non sarebbe uscita viva dall'ospedale. Pisano, 55 anni, un passato in giro per il mondo da volontario impegnato in progetti formativi per i giovani e oggi insegnante privato di inglese, racconta: "Ci siamo conosciuti nel 2012, ricordo che era primavera. Ero tornato da poco in Italia dopo trent'anni all'estero, lavoravo part-time come venditore di elettrodomestici, e avevo messo da poco i primi annunci online per insegnare inglese. Guidavo il furgone verso Varese, quando chiamò lei". Leggi anche: "Minacciata da due Olgettine": parla l'avvocato di Imane Fadil Quando gli chiedono perché la Fadil si trasferì da lui, John Pisano spiega. "Non lavorava e non poteva più pagare l'affitto. Così, l'11 novembre scorso è venuta da me. È stato detto che viveva tra i topi, ma non è vero. Se fosse stato per lei non sarebbe mai andata via da Chiaravalle, lei amava quel posto. Era finalmente lontana da occhi indiscreti, poteva vivere la sua vita, nessuno la conosceva. Aveva l'abbazia vicino, per lei era il paradiso. E non c'era traccia di topi". Dunque, i dettagli più importanti, relativi alla sera in cui Imane iniziò a sentirsi male: "Ha sempre avuto una salute di ferro, non si ammalava mai. Quest'anno, a ottobre, abbiamo avuto l'influenza negli stessi giorni. Poi, credo fosse il 10 gennaio, inizia a dire che non si sentiva bene. Una settimana dopo parte un leggerissimo ma costante peggioramento quotidiano. Finché il 24 decido di chiamare la guardia medica, perché lei era debole, non si alzava più dal letto, ma non voleva andare in ospedale". Da quel momento, le condizioni della ragazza peggiorano in modo costante e drammatico, fino alla morte. L'ultima sera fu il 28 febbraio: cosa ricorda? "Stava davvero male, nemmeno gli antidolorifici o i massaggi che le facevo placavano ormai il dolore. Non mi lasciare sola John, mi diceva. Pensarci ora mi fa ancora tanto male. Aveva fortissimi dolori all'addome. Sul letto c'era una chiazza di sangue, e lei tossiva e sputava sangue. Grumi, non liquido. Le dicevo che dovevo tornare a casa, ma lei mi chiedeva di rimanere, di dormire accanto a lei. Io però dovevo andare: il venerdì mi alzo presto per andare a lavorare a Vimercate, in più dovevo prenotare un albergo per i suoi familiari. 'Resta ancora un po'', mi diceva, e mi teneva strette le mani. Avevo due impulsi: da una parte stavo male ad andare via, dall'altra era come se sentivo di dover andare. Alla fine le ho detto sister, adesso vado, ci vediamo domani. Ma non l'ho più vista". Pisano, da par suo, lascia intendere di avere le idee piuttosto chiare su cosa abbia portato la Fadil alla morte: "Non è stata lei a parlare di avvelenamento. Sono stati i medici che, dopo aver escluso tutte le diagnosi con mille esami, avendo trovato quell'alta concentrazione di metalli pesanti nel sangue, ci hanno detto: Sospettiamo l'avvelenamento. Né io né lei ci avevamo pensato, ma dopo abbiamo fatto un collegamento con un certo periodo, con un fatto preciso". Quale fatto preciso? "Non posso parlare di questo, c'è l'indagine in corso. Dico solo che è stata male dopo una cena", conclude Pisano.

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