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Torino, la denuncia del poliziotto contro il pm che ha liberato il senegalese: "Vicenda vergognosa"

Gino Coala
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Emergono accuse gravissime contro il magistrato che aveva fatto rilasciare Ndiaye Migui, il senegalese che a Torino aveva aggredito due poliziotti con una spranga di ferro e rapidamente messo in libertà dal pm con "una semplice telefonata". Sull'uomo pendevano già due provvedimenti di espulsione, ma prima di riuscire ad arrestarlo definitivamente con l'accusa di tentato omicidio, risalite all'identità dell'uomo è stato un compito difficilissimo per gli agenti, complicato dall'atteggiamento dello stesso magistrato al quale avevano chiesto collaborazione. Leggi anche: Torino, il senegalese che ha aggredito due poliziotti liberato dal pm: spunta il verbale del 29 marzo La denuncia arriva dalla pagina Facebook "Parole in Giacca Blu", dove è stato pubblicato un lungo post del capopattuglia che quel 29 marzo ha arrestato il senegalese che parla "vergognosa vicenda". Migui è stato faticosamente portato in questura per l'identificazione, ma "pur capendo perfettamente l'italiano - scrive l'agente scelto - si rifiutava categoricamente di declinare le proprie generalità, mettendo in atto un susseguirsi di insulti conto Salvini, la Polizia di stato e il sottoscritto". Gli insulti e l'atteggiamento beffardo dell'africano sono proseguiti anche quando gli agenti hanno tentato di fargli le foto segnaletiche: "L'egregio signore ha continuato la sua forma di protesta insultando nuovamente noi, la polizia e Salvini... trasferiti nella sala trattazione, il soggetto ha pensato bene di alzarsi dalla sedia dove era comodamente seduto per andarsene via, cercando di uscire dalla questura... bloccato per un braccio dal mio autista, il soggetto ha reagito stampandogli una manata in faccia... veniva bloccato definitivamente - racconta il poliziotto - e posto in arresto". Di tutta questa vicenda è stato poi informato tempestivamente il pm di turno che ha risposto: "Non mi importa quanto tempo ci mettiate, provate a convincerlo a farsi fotosegnalare finché non cederà alle vostre richieste". Gli agenti hanno spiegato al magistrato che non c'era verso di far ragionare il senegalese, quindi hanno chiesto l'autorizzazione "di procedere coattivamente ai rilievi per poter fornire lei i riscontri Afis utili all'AG". Il magistrato però a quel punto si è innervosito: "Non autorizzo alcun atto di violenza e contrario alla volontà di questa persona, questa si chiama tortura". Gli agenti non potevano credere alle loro orecchie: "Allibiti da tali parole - ha continuato nel racconto il capopattuglia - e perplessi per il totale menefreghismo del pm circa il suo totale disinteresse in merito ai fatto occorsi, si rimaneva di stucco quando a conlusione della telefonava diposteva 'immediata liberazione'". Insomma il magistrato ha voluto liberare un uomo in stato di arresto, accusato di una serie di reati avvenuti davanti agli occhi degli stessi agenti, perché non c'era modo di ottenere le sue generalità in forma spontanea. Il tutto messo nero su bianco in una lettera di annotazione di servizio che "ha creato sdegno e l'ormai conclamato senso di impotenza davanti a tali abusi". Il bilancio finale è stato deprimente, visto che un agente ha dovuto mettere 8 punti di sutura perché feritosi durante il suo lavoro e per di più in un giorno festivo. Un caso imbarazzante per il sistema giudiziario italiano, sul quale l'agente scelto si è messo a disposizione per "qualsiasi informazione o chiarimento", così che possa "essere d'aiuto nell'alzare un grido di protesta contro questa vicenda nel rispetto dei colleghi feriti e del nostro lavoro".

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