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Mirandola, ospitiamo il marocchino e lui ci dà fuoco: Facci, la verità dagli psichiatri

Gino Coala
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Prima domanda: ci occuperemmo lo stesso di questa vicenda, se non ci fosse in mezzo un immigrato clandestino? Risposta: sì, decisamente, perché stiamo parlando di due anziani morti per asfissia da fumo in una sede di polizia municipale (sarebbero i vigili, un luogo che dovrebbe essere sicuro) più quattro feriti e 20 intossicati in varie condizioni; una notizia notevole anche se ad appiccare l' incendio fosse stato uno di Varese. Leggi anche: Mirandola, perché il marocchino dell'incendio non poteva essere espulso: "Ora a casa col primo barcone" Seconda domanda: daremmo lo stesso spazio alla vicenda, se non ci fosse in mezzo un immigrato clandestino? Risposta: no, probabilmente ne daremmo meno, posto che ne daremmo comunque molto; l' immigrazione, clandestina o no, è da anni al centro del dibattito, e ogni sua piega, ergo, ottiene un grande spazio in negativo o in positivo, come quando, per dire, un immigrato salva qualcuno gettandosi in mare o nel fiume. Detto questo, resta una vicenda pazzesca. In pratica, nella serata del 21, a Mirandola, 30 chilometri a sud di Modena, c' è questo giovane che viene segnalato alla stazione San Felice in stato alterato. Non è chiaro se sia sbronzo o squilibrato, ma viene chiamata un' ambulanza del 118 che lo porta all' ospedale dove viene ricoverato. È in stato di ipotermia anche se la temperatura supera i dieci gradi. UNA RITORSIONE? Dopo la mezzanotte, lo squilibrato si riprende, o smaltisce, quindi si leva la flebo ed esce. Comincia a vagare. Passa davanti al comando della polizia municipale e poi sfonda la porta (non doveva essere un luogo molto sorvegliato, benché in pieno centro) e una volta dentro il tizio rubacchia qua e là e infine appicca fuoco in più punti. Sono le 2.40. Se ne va: ha rubato un giubbotto antiproiettile, un pc portatile, un cellulare, un cappello dei vigili e due coppe sportive. Intanto le fiamme vanno che è un piacere (è un vecchio edificio) e il fumo sale verso i piani delle residenze, dove dormono tutti e dove due vecchie signore dormiranno per sempre: una di 86 anni e la sua badante di 74, più il marito di quest' ultima (86 anni) che ieri pomeriggio era in condizioni gravissime. Rimangono intossicati altri diciotto, ci sono anche 6 bambini. Mirandola si sveglia in piena notte mentre vanno e vengono 12 ambulanze, un' auto medica e un elicottero. Nel casino, i carabinieri fermano un ragazzo che sostiene - paradossalmente - che stava correndo ad aiutare, ma è strano: indossa un cappello da vigile, un giubbotto antiproiettile e ha un computer sotto il braccio. E in tasca, un accendino. Chi è? Non è chiaro, perché è tipicamente senza documenti; una settimana prima, a Roma, aveva detto di essere un maggiorenne algerino, ora dice di essere un minore marocchino. Sicuramente è marocchino, in stato confusionale, e risulta che sia scappato da più case-famiglia a Roma. Aveva dei precedenti e risulta che fosse stato espulso: da qui l' ipotesi che abbia agito per ritorsione, ma delle sue ragioni non ce ne frega niente. Flagranza per furto aggravato, danneggiamento, incendio e morte come conseguenza di un altro delitto. DISAGI PSICHICO Quindi andiamo al punto. È stata Medici senza Frontiere, meno di un anno fa, a spiegarci che «il 60,5% dei profughi mostra problemi di salute mentale» e che «l' 87% dei pazienti dei centri di accoglienza ha bisogno di supporto psicologico» (maniera più gentile di dirlo). Capite bene che le ragioni di questo disagio mentale, più o meno giustificabili o comprensibili, non tolgono che la stragrande maggioranza di chi sbarca in Italia non ci sta molto con la testa. Poi sarà anche normale, per via del viaggio devastante: da qui stress post traumatico, ansia, depressione, schizofrenia (il ghanese Adam Kabobo che nel maggio 2013 uccise tre passanti a colpi di piccone) senza contare coloro che erano sciroccati anche prima. Secondo Medici senza Frontiere, nei centri di accoglienza mancano i soldi per curare i disagiati mentali, ma gli stessi centri «spesso contribuiscono a riacutizzare i traumi subiti durante il percorso migratorio». Malattia iatrogena, la chiamavano un tempo: cioè causata dalle cure e dal luogo in cui te le somministrano. Detto che peggio non si può: arrivano mezzi pazzi, diventano pazzi e ne escono impazziti. Decidete voi se vadano curati uno ad uno - se li becchi: possibilmente prima di una strage - o se in Italia non debbano semplicemente entrare. di Filippo Facci

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