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Made in Italy, il vademecum con sette consigli da seguire per proteggere i cibi italiani dai marchi stranieri

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Caterina Spinelli
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Etichette reticenti che raccontano tanto per non svelare nulla di importante, tutela delle eccellenze del made in Italy a tavola sempre più difficile, marchi storici che finiscono in mani straniere. I cibi che mettiamo a tavola ogni giorno sono al centro di uno scontro fra poteri. Non soltanto quelli della politica. Ma il dibattito pubblico su questi temi è preda di alcuni grandi equivoci, capaci di inficiare il giudizio finale di parlamentari, esponenti delle categorie produttive e persone qualunque. Per uscire da queste ambiguità, ho compilato un breve vademecum in sette punti per decifrare quel che accade e collocarlo nella sua corretta dimensione. La politica nel piatto merita di essere affrontata con il massimo rigore. ETICHETTATURA Le norme in base alle quali vengono compilate le etichette dei prodotti alimentari e non solo sono di competenza esclusiva dell' Unione europea. L' Italia, come tutti gli altri soci europei, non può emanare disposizioni in contrasto con quelle comunitarie. Si possono soltanto chiedere delle deroghe temporanee, com' è stato nel caso delle etichette di latte e derivati. TRASPARENZA È falso che i governi italiani non abbiamo mai provato a rendere trasparenti gli alimenti di cui ci cibiamo. In almeno due occasioni la Commissione Ue ha silurato altrettante leggi approvate a larghissima maggioranza dal nostro Parlamento. La prima - etichetta 100% Italia - venne bocciata con un «parere circostanziato» emesso dall' esecutivo di Bruxelles nel 2005 e la seconda - l' etichetta di filiera voluta dall' allora ministro Zaia - venne stoppata nel 2011 dagli allora commissari Ue John Dalli (Salute) e Dacian Ciolos (Agricoltura) sotto la minaccia di aprire una «procedura d' infrazione». ORIGINE La dichiarazione d' origine per le materie prime e gli alimenti trasformati viene bollata all' estero, soprattutto da Stati Uniti e Canada, come un «ostacolo tecnico» alla libera circolazione elle merci. Così la dicitura «origine Italia» sulla pasta oppure sulla carne, finisce per essere condannata perfino dall' Organizzazione mondiale del commercio, il Wto. TRATTATI Al tavolo dei negoziati per gli accordi commerciali internazionali, come il Ceta (Ue-Canada) o il Ttip (Ue-Usa) non ci sono più da parecchio tempo i rappresentanti del nostro Paese, ma i delegati della Commissione europea. Quando si mette sul banco degli imputati il governo italiano di turno non si tiene conto che praticamente non ha toccato palla. DOP & IGP. L' unico Paese veramente interessato alla tutela delle proprie eccellenze enogastronomiche come le Denominazioni d' origine protette e le Indicazioni geografiche protette è l' Italia. I francesi sono interessati alla tutela dei loro formaggi e nulla più. Gli altri Paesi se ne fregano letteralmente. ITALIAN SOUNDING La difesa delle nostre eccellenze alimentari e dei prodotti unici e distintivi del made in Italy a tavola nei Paesi extra Ue è molto ardua. Quasi tutti, a cominciare dagli Stati Uniti, si rifiutano di riconoscere le nostre indicazioni geografiche. Nella migliore delle ipotesi, com' è accaduto per il trattato col Canada, ne riconoscono una piccola parte, imponendo però la libera circolazione sul loro territorio dei tarocchi locali. Che ottengono così addirittura un riconoscimento ufficiale. MARCHI Lo Stato italiano e tantomeno il governo può impedire che uno straniero acquisisca un marchio alimentare. Non ci sono strumenti per opporsi allo shopping di soggetti esteri, soprattutto se l' acquirente è di un altro Paese Ue: il mercato unico sancisce la libera circolazione dei beni, dei capitali e delle persone. Non ha senso invocare «l' interesse nazionale», come vedo accade spesso sui social media. La legge «salva Pernigotti» annunciata dal vicepremier Di Maio a gennaio, perscongiurare la delocalizzazione in Turchia della storica industria dolciaria novese, sarebbe bocciata dalla Ue. Inutile illudere e illudersi. di Attilio Barbieri

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