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Eternit, la Corte d'Assise di Napoli dice no al proscioglimento dell'ex amministratore delegato

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Giuliana Covella
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Eternit, la Corte d'Assise di Napoli dice no alla richiesta di proscioglimento dell'ex amministratore delegato dell'azienda. Legali, associazioni e familiari degli ex lavoratori sono soddisfatti della decisione della seconda Corte di Assise di Napoli. I giudici hanno respinto la richiesta di proscioglimento avanzata lo scorso 31 maggio da Astolfo Di Amato, difensore dell'imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, imputato a Napoli per l'omicidio volontario di otto persone (sei dipendenti dello stabilimento Eternit di Bagnoli e due loro familiari). Le motivazioni del provvedimento sono state lette all'inizio dell'udienza dal presidente Alfonso Barbarano, che ha poi aperto la fase dibattimentale con le richieste dei mezzi istruttori. Soddisfazione è stata espressa dai legali delle associazioni Osservatorio nazionale amianto e Mai più Amianto, Flora Abate e Elena Bruno. La Corte, nel corso dell'udienza, viene sottolineato dall'Ona in un comunicato, si è anche soffermata sulla diversità del fatto per il quale si procede a Napoli, rispetto agli altri processi: l'imputazione, in questo procedimento, ha ad oggetto l'omicidio volontario di otto lavoratori e non - come nel precedente processo - il disastro e la rimozione e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro attuata dall'ex amministratore delegato dell'Eternit. «Giustizia sarà fatta, avanti con il processo con l'auspicio che le ipotesi accusatorie trovino conferma con la condanna del magnate svizzero Stephan Schmidheiny. Se l'esito andrà nella direzione sostenuta dall'accusa, il nostro impegno sarà quello di ottenere il massimo risarcimento per le famiglie», ha commentato Ezio Bonanni, presidente dell'Osservatorio Nazionale Amianto, che nel processo Eternit che riguarda lo stabilimento di Bagnoli si è costituito parte civile con l'avvocato Flora Rose Abate. I vertici di Eternit misero in campo una vera e propria «campagna di disinformazione» per contrastare le teorie dello scienziato statunitense Irving Selikoff sugli effetti nocivi per la salute umana derivanti dall'esposizione all'amianto: è quanto ha sottolineato oggi, nel Palazzo di Giustizia di Napoli, il sostituto procuratore Anna Frasca (magistrato in forza alla sezione "Lavoro e colpe professionali" della Procura di Napoli). I manager di Eternit, secondo il pm, erano perfettamente a conoscenza dei danni che l'esposizione all'amianto poteva infliggere ai dipendenti. Ciononostante, però, il diktat era «tenere a bada quelle teorie» e «mantenere l'esposizione all'amianto entro i limiti prefissati: ma il limite indicato - ha spiegato - si riferiva al livello al di sotto del quale si evitava il disastro e non la possibilità di ammalarsi e di morire dei dipendenti». Alle parole del magistrato ha replicato Astolfo Di Amato, difensore dell'imprenditore svizzero, secondo il quale nei bilanci della società figurano massicci investimenti, pari a circa 80 miliardi di vecchie lire, destinati all'adozione di misure di sicurezza per garantire la salute dei lavoratori. «In questo processo le vittime sono otto - sottolinea l'avvocato di Ona Flora Abate - ma il rischio di ammalarsi di malattie asbesto sussiste anche nell'arco di trent'anni dall'esposizione. Ci saranno altri malati e altri morti, molti di più delle 258 persone che fanno parte di questo primo filone. Noi speriamo che ci siano giudici coraggiosi che abbiano la forza e la volontà di far valere la giustizia non solo da punto di vista processuale. Finora ci sono stati troppi morti e poche persone che hanno pagato per questi decessi». «Il tribunale di Napoli è stato molto coraggioso - sostiene l'avvocato Elena Bruno, legale di Mai più Amianto - è stato il primo in Italia a intraprendere un processo per omicidio volontario. Siamo fieri di quest'impostazione perché finalmente l'imputato potrà rispondere pienamente delle sue vere responsabilità». Il processo è stato aggiornato alla prossima udienza del 27 settembre, durante la quale saranno ascoltati due ingegneri testi dell'accusa.   Di Giuliana Covella  

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