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Sea Watch, Carlo Nordio: "Carola Rackete come i clandestini. Perché è ancora in Italia"

Cristina Agostini
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"Sea Watch, il naufragio della legge". E' titolato così l'editoriale di Carlo Nordio pubblicato su Il Messaggero. L'ex magistrato entra nel merito della vicenda di Carola Rackete, la capitana della Sea Watch. "Il fenomeno dell'immigrazione irregolare è troppo complesso per lasciarne la gestione alla magistratura", lo dimostrano "le contraddizioni che spesso emergono durante le indagini penali, e che possono portare a conclusioni diverse - e spesso opposte - a quelle della politica e persino del buon senso". Secondo Nordio "alcuni problemi non possono essere risolti dai giudici", in particolare quelli "che si presentano con un impatto emotivo nella società moderna, e che richiedono strumenti di valutazione, di controllo e di guida ben più efficaci della maestosa incertezza del processo penale". Nel caso della Rackete, arrestata e liberata, "l'opinione pubblica", sottolinea Nordio, "si è come al solito atrocemente divisa, ma la cosa era nell'aria. Innanzitutto perché la stessa Procura aveva chiesto il solo divieto di dimora, quindi il Gip non poteva applicare una misura più grave, e poi perché una camera di consiglio così lunga non poteva che preludere a una motivata contestazione delle ragioni che avevano indotto i pm a disporre l'arresto della capitana". La decisione di non convalidare l'arresto, non significa che la Rackete sia stata scagionata: "probabilmente - spiega Nordio - il Pm ricorrerà per Cassazione" e in ogni caso "sarà il processo a decidere sulla colpevolezza o meno dell'imputata, che nel frattempo, come è giusto che sia, è presunta innocente. Tutto questo è conforme alla nostra procedura e al nostro stato di diritto, e guai a noi se non fosse così". Leggi anche: "Salvini, nuova ipotesi di reato". Il Pd con Carola, perché vuole processare il ministro Mentre la politica, continua l'ex magistrato, "purtroppo sembra ignorare che il processo ha le sue regole, che a molti possono sembrare stravaganti ma che vanno rispettate". Il ministro Salvini "ha proclamato l'espulsione di Rackete, con esecuzione immediata. Sennonché è proprio la condizione di imputata che consente alla capitana di restare in Italia. Avendo infatti il diritto di difendersi dalle imputazioni elevate - e da quelle suppletive di favoreggiamento all'immigrazione clandestina - non può essere cacciata e magari poi processata in absentia". "Il nostro severo giudizio complessivo sul comportamento della Rackete non ci fa affatto dimenticare che la carcerazione preventiva dev'essere un'eccezione giustificata - anche se questo da noi non avviene - solo da fattori eccezionali", dice Nordio aggiungendo che "queste regole le sanno benissimo proprio i clandestini, che spesso si fanno arrestare per reati banali proprio perché, una volta indagati, hanno il diritto di restare qui fino alla sentenza definitiva, che, come sappiamo, interviene dopo circa un decennio". 

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