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Alessandra Vella, la gip pro-Carola Rackete smontata dai suoi capi: il documento che la inchioda

Caterina Spinelli
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La gip Alessandra Vella è stata smentita dopo aver deciso a favore della scarcerazione della capitana della Sea Watch 3, Carola Rackete. A mettere in dubbio, punto per punto, le sue forzature per giungere all'esito sperato e realizzato, la la  procura di Agrigento. Il ricorso è contenuto all'interno di un faldone di 16 pagine, preciso nel descrivere tutte le sue pecche. Il procuratore capo, Luigi Patronaggio aveva già tempo addietro palesato la propria intenzione: lavorare per non permettere la messa in libertà della comandante. Carola infatti ha violato le leggi italiane (decreto Sicurezza bis), speronando addirittura la motovedetta della Guardia di Finanza. La stessa Vella ha affermato che non si può trattare di "una nave da guerra".  Leggi anche: Socci: dalla Rackete alla Von der Leyen, il piano tedesco per isolare l'Italia A pagina 3 Patronaggio e il sostituto Gloria Andreoli, partono all'attacco: "Si ritiene che (...) il Gip nel pronunciarsi sulla legittimità dell'arresto di Carola abbia travalicato i limiti di approfondimento attenenti a tale fase procedendo a un'autonoma valutazione dei dati in suo possesso e pervenendo a un giudizio sostanziale della gravità indiziaria". A cominciare dal non avere considerato "nave da guerra", la motovedetta della Guardia di finanza schiacciata dalla capitana contro la banchina per sbarcare i migranti. "È di tutta evidenza - scrive la procura di Agrigento - che l'affermazione del Gip sia stato frutto di autonoma interpretazione che non trova alcun appiglio nella sentenza della Corte costituzionale citata da Vella". E ancora: "Al contrario si precisa che la giurisprudenza in più casi ha qualificato le motovedette della Guardia di finanza come navi da guerra". Ma le contestazioni non finiscono qui: dalla pagina 8 in poi viene smontata, pezzo per pezzo, la tesi del Gip sul "dovere di soccorso e assistenza ai naufraghi", che permetteva a Carola di fare quello che voleva forzando il blocco del Viminale. "Innanzitutto il Gip ha affrontato tutta una serie di valutazioni in ordine alla condotta di Rackete fondando per buona parte le proprie argomentazioni sulle dichiarazioni dell'indagata". Il ricorso, dunque, sottolinea che il governo stava per risolvere il caso a livello europeo, ma la capitana ha compiuto l'atto di forza senza tenerne conto. I procuratori si chiedono "come sia possibile che la Gip si aggrappi alla giustificazione di un soccorso in mare avvenuto 15 giorni prima dell'arresto" e ribadiscono che davanti a Lampedusa "i migranti non erano più esposti a un pericolo imminente per la loro vita e incolumità". L'azione di forza della Rackete non è giustificata in alcun modo: "la conclusione a cui è pervenuto il Gip si ritiene contraddittoria, errata e non adeguatamente motivata".

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