Le priorità di Franceschini, soldi ai partigiani anziché alla Grande Brera
Altro che «Miracolo a Milano», la vera «grazia», per la giunta comunale del capoluogo lombardo, arriva dalla Resistenza. Per la realizzazione del Museo nazionale dedicato ai partigiani, il ministero per i Beni e le attività culturali e per il Turismo, guidato da Dario Franceschini, ha deciso di «intervenire» con un investimento di 15 milioni di euro, reso possibile attraverso la rimodulazione di risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione. Queste risorse si sommano ai 2,5 milioni di euro già stanziati per la Casa della Memoria di Milano. Totale dell' esborso finanziario 17,5 milioni di euro. In pratica «Dario il grande» farà quello che Sala non non avrebbe mai potuto realizzare da solo. Il museo avrà la sede all' interno dell' area comunale tra via Montello e via Volta, a ridosso del cento della città, recentemente bonificata in vista della realizzazione dell' edificio gemello della Fondazione Feltrinelli, come previsto dal progetto dello studio Herzog&De Meur. Solo che per completare il mosaico mancava ancora un tassello. Che l' esponente dem si è preoccupato di mettere al posto giusto nel momento giusto. Tirata la riga, e fatta la somma, finalmente si comprende come mai la giunta comunale, guidata dal sindaco, Beppe Sala, fosse in così trepidante attesa dell' apparizione in città di Dario Franceschini, super ministro del Mibact (che si è preso anche il Turismo, settore tutt' altro che secondario), esattamente come lo sono i fedeli in pellegrinaggio a Lourdes. Una pioggia di soldi così, per giunta elargita alla vigilia della marcia contro l' odio, organizzata da Sala e varie associazioni per solidarietà con Liliana Segre (notare la superba regia nella tempistica), rappresenta per Milano una vera e propria manna. La Pinacoteca - Il problema, anzi il guaio serio, è che vanno dalla parte sbagliata della città, nonostante partigiani e Resistenti si considerino, da sempre, dalla parte giusta della storia. Siamo onesti. Con tutti i problemi che ha la Pinacoteca di Brera nel diventare, realmente, la «Grande Brera», in modo da diventare un caso unico al mondo, non si poteva dirottare un po' di quei soldi su Palazzo Citterio, in modo da accelerare i lavori? E poi come la mettiamo con i disagi di alcune strutture museali della città, dove le domande dei visitatori per le cose che non vanno, vengono evase con il libro dei sogni (faremo, vedremo, pensiamo...). Per non dire delle periferie e dei trasporti. Ma quello è un altro film. Insomma, era davvero necessario concentrare lì tutte quelle risorse, non tenendo conto del fatto che a tenere in piedi il «circolo culturale» sono i biglietti staccati nei musei aperti, come Brera, calati nel presente, e non certo quelli che verranno, rivolti solo a un passato, per giunta di parte? Forse, dietro al miracolo milanese di Franceschini, con la regia di Sala, si nasconde solo e soltanto un' operazione politica. «Come ha sottolineato nel suo bellissimo discorso il presidente Mattarella, era ora che si desse finalmente forma ad un museo nazionale della Resistenza», spiega Franceschini. E chissà perché a Milano e non a Roma, o a Genova, per dire. No, lo spazio di 2.500 metri quadri sorgerà a qui, all' ombra della Madonnina, in piazzale Baiamonti, andando a chiudere il «dente» a vetri della Fondazione Feltrinelli. Per Sala un vero miracolo. Nel progetto, spiega lo stesso Franceschini, sarà coinvolto l' Istituto nazionale Ferruccio Parri e, come forma giuridica, sarà individuata quella della Fondazione aperta, con accesso ad associazioni private. «Noi eravamo consapevoli che il progetto come era stato pensato non sarebbe potuto essere realizzato», afferma il sindaco di Milano, in riferimento al progetto originario deliberato quattro anni fa e che avrebbe dovuto veder sorgere il museo all' interno della Casa della Memoria, progetto che poi incontrò notevoli polemiche per mancanza di spazio. E poi c' è l' ultimo particolare, ricordato dallo stesso Franceschini. Il primo appello in favore di un ampliamento degli spazi fu firmato dalla senatrice a vita, Liliana Segre. E se Sala rifiuta l' appellativo di Milano «roccaforte» di certi valori, «spero che le roccaforti siano tante, rimane il fatto che Milano non fa un passo indietro ma uno avanti», è innegabile il fattore Resistenza. Ieri contro il regime, oggi contro i bilanci. E così sia... di Enrico Paoli