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Coronavirus, l'italiano atterra a Roma da Wuhan: "I medici non mi hanno controllato, sono in auto-quarantena"

Giulio Bucchi
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C'è un italiano che si è messo in "quarantena volontaria" a Enna per non rischiare di contagiare di Coronavirus a qualcuno, visto che dalle autorità non pare esserci alcun interesse a valutare la sua condizione di salute. Domenico T., studente di 26 anni tornato dalla Cina lo scorso 30 gennaio, racconta la sua incredibile storia al Fatto quotidiano. Dopo aver lasciato Wuhan il 18 gennaio scorso, nel pieno dell'allarme virus, ha percorso un migliaio di chilometri in treno e il 29 gennaio si è imbarcato a Guiyang "per il volo che mi avrebbe dovuto portare a Roma, facendo scalo a Pechino e a Vienna".   Leggi anche: "Non infilatevi le matite nel naso". Ecco la "guida" del ministero per gli studenti sul Coronavirus Sia all'aeroporto di Guiyang che a quello di Pechino, a Domenico viene misurata la febbre. In Europa, però, nessuna precauzione anche se l'allarme globale è già scattato. "Una volta atterrati a Vienna - spiega lo studente al Fatto - siamo usciti dall'aereo come se niente fosse. A parte il controllo passaporti, nessuna visita. Come se non arrivassimo da Wuhan". L'Austria non ha ancora preso misure restrittive, l'Italia lo ha fatto solo dopo la comparsa dei primi "pazienti zero", i due turisti cinesi contagiati all'hotel Palatino di Roma.  Anche a Fiumicino, spiega il giovane, nessun controllo: "Ero molto preoccupato per la mia famiglia, sono andato alla postazione della Guardia di Finanza dicendo che venivo da Wuhan e che volevo essere visitato. Mi hanno portato alla postazione di pronto soccorso dell' aeroporto, dove finalmente, su mia richiesta, mi hanno visitato. Mi hanno fatto qualche domanda, mi dicevano che dovevo stare tranquillo, sono giovane, non c'è nulla di cui preoccuparsi. Cercavo di dirgli che il quartiere vicino a quello dove abitavo a Wuhan era stato messo in quarantena, che non ho fatto alcuna profilassi, ma non mi facevano parlare". Anzi, i medici "hanno perfino litigato su chi mi doveva visitare". "Io non sono come quelli che non vanno al ristorante per paura - protesta lo studente -, io vengo dal posto dove è scoppiata l'epidemia!". A questo punto prende un alto aereo e torna in Sicilia, dai genitori. "Erano 5 mesi che non tornavo a casa - conclude - non ho potuto nemmeno riabbracciarli dopo tutti i timori che hanno passato in queste settimane". I genitori gli passano il cibo nella sua stanza, non hanno contatti fisici con lui e si sono messi pure loro in quarantena, rinunciando ad andare al lavoro. 

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