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"Le scrittrici dimenticate nei concorsi? E' la pigrizia italiana". Elisabetta Sgarbi e concorsi maschilisti

Elisabetta Sgarbi, editore

Francesco Specchia
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Elisabetta Sgarbi, da donna e da editore, anzi da editrice -la più illuminata attualmente sulla piazza, una lieve Gertrude Stein ferrarese- come ha preso la notizia che il ministero dell'Istruzione abbia stilato una lista degli “autori italiani da conoscere” per il concorso da prof di italiano. E che dall'elenco figuri solo una donna, Elsa Morante. Com'è possibile? “Non so come funzioni il meccanismo della selezione. Certo che bisognerebbe allargare molto la conoscenza letteraria obbligatoria, e bisognerebbe spingerla più avanti nel tempo, arrivare a autori viventi”.   Vista così sa di spiazzante maschilismo governativo.  Se si fosse trovata nei panni dei ministeriali, quali altri grandi scrittrici avrebbe inserito, per rappresentare la letteratura italiana? “Anna Maria Ortese, Natalia Ginzburg, Grazia Deledda, Fausta Cialente, Irene Brin, Oriana Fallaci per molti aspetti, non solo narrativi; aggiungerei anche Melania Mazzucco: è tra le pochissime scrittrici che sanno confrontarsi veramente con la storia (anche la storia dell'arte), adottando un codice narrativo. Se non viene frainteso il mio riferimento a uno scrittore uomo, può essere affiancata a Umberto Eco. “Vita”, il suo romanzo e la sua biografia di Tintoretto, sino all'ultimo “La architettrice” sono opere letterarie che insegnano a guardare la storia. Non dovrebbe mancare nei programmi ministeriali, non so se ci sono preclusioni sui vivi. Dacia Maraini ha scritto libri entrati nel tessuto della nostra civiltà, dovrebbero diventare patrimonio comune”. Condivide la critica che fa Il Librario: in realtà siamo un paese davvero maschiocentrico, nel cui “universo le donne non mancano …manca la loro voce”; o è stato semplicemente una dimenticanza o negligenza dei compilatori di concorso ministeriali? “Ma non ci sono donne nelle commissioni? Penso, spero che ci siano. Io più che maschiocentrismo penso si tratti di un riflesso condizionato, nei casi peggiori di pigrizia: si viene da una società patriarcale, si sono inseriti questi nomi, e si tende a ripetere questi nomi. Per infrangere un canone serve forza di volontà, curiosità, e capacità di spiegare le motivazioni. Cose rarissime”.  A proposito di femmine folli e geniali. Voi della Nave di Teseo state per rilanciare il marchio femminile La Tartaruga, è un caso? “Fondata da Laura Lepetit, dopo alcune vicissitudini, la abbiamo trovata nel catalogo della Baldini acquisita nel 2017. Il tentativo che stiamo facendo è quello di restituirgli una autonomia, una distinzione, in un momento di grande attenzione al mondo femminile la Tartaruga si deve porre l'obiettivo di levare una voce propria, distinta, di testimonianza letteraria. Si oscilla tra riscoperte e nuove voci e anche testimonianze importanti. Fausta Cialente è una nitida voce letteraria, moderna, che sta sui confini (Alessandria e Trieste). Ma anche Carolin Emke, grande attivista, Premio della pace dei Librai tedeschi, che ha dedicato saggi importanti all'odio e al desiderio femminile”.   Lei ha detto che “l'effetto valanga del Mee too depotenzia qualsiasi battaglia culturale non sessuale”. E concordiamo. Non si rischia così, per paradosso, quasi l'autoghettizzazione delle donne? “La violenza sulle donne, e qualsiasi prevaricazione o discriminazione, vanno punite nelle giuste sedi e con le dovute pene. Questo è un tema inaggirabile che non ammette se o ma. Sensibilizzare su questo tema è doveroso e bisogna gridare per creare una sensibilità. Ovviamente, ogni tentativo di cambiare una sensibilità, crea eccessi. La civiltà del diritto e soprattutto l'etica pubblica deve individuare e limitare questi eccessi che rischiano di fare altrettanta violenza. Pubblicheremo a maggio il caso editoriale francese, il libro di Vanessa Springora, Le consentment, che ruota intorno alla questione del consenso di una adolescente sulla relazione con un uomo adulto e consapevole”.  Che incidenza hanno le scrittrici omosessuali e quelle prettamente femministe nella nostra letteratura? “Ecco, no. Su questo campo non scendo. Uno scrittore non può incidere più o meno se è omosessuale o eterosessuale, se uomo o donna. Uno scrittore ha una voce, forte o debole, letteraria o meno. E su questa forza, senza sessualità, si gioca l'incidenza”.   Beh, almeno tra gli scrittori maschi la cui conoscenza è qui richiesta, ce n'è, secondo lei, qualcuno di femminista, o che si risentirebbe per questa parzialità di genere presente nel bando di concorso?  “Beh, Ariosto. Senza dubbio. Mai una donna potrebbe rappresentare in modo più fedele la femminilità”.   Aumentano, proporzionalmente, anche i femminicidi (forse perché li si denuncia di più). Dal suo osservatorio non siamo ancora arrivati ad una condizione di parità? “Sono stata spesso combattuta su questo tema. Essendo cresciuta in una famiglia in cui comandava mia madre, con la forza della sua personalità e intelligenza, il tema della parità mi è parso un traguardo raggiunto. Ci sono donne nei posti chiave, pensi al Fondo monetario internazionale, alla Commissione europea, la stessa Merkel. Però credo che ancora ci sia da fare nel mondo del lavoro: serpeggia qualcosa che non va, nei livelli intermedi. Sempre meno, tuttavia. Da distinguere però, questo ci tengo, dalla questione della violenza sulle donne. In che senso, scusi?  “Non sono la stessa cosa e non bisogna identificare le due questioni. Altrimenti si finisce per diminuire il problema centrale che è la violenza sulle donne. I femminicidi vanno perseguiti, e non importa se ci sono stati in passato, se fossero di più o di meno, più dichiarati o meno. La sensibilità contemporanea deve portare a una condanna definitiva e senza appello”.   Lei è una donna di potere, diciamolo. Qual è il suo rapporto con i colleghi editori uomini? E con gli scrittori uomini: come cambia il loro approccio alla scrittura rispetto alle donne? “Ho un carattere, alcuni dicono brutto, io penso che chiunque abbia un carattere, di lui si dirà che ha un brutto carattere. Ho avuto contrasti. Per lavorare nelle grandi aziende, devi difenderti, per resistere e crescere. Certamente nelle aziende, fino ad alcuni anni fa, esisteva un maschilismo molto più acceso, in cui, tuttavia, non nascondo che le donne avessero una certa responsabilità. Con gli autori, invece, pur rimanendo me stessa, sono sempre in una posizione di ascolto: l'autore è padrone di un contenuto unico e irripetibile e l'editore deve, anzitutto, fare meno danni possibile”.   In tv spopola la fiction L'amica geniale della solita Elena Ferrante. Che è dappertutto: fama meritata o molto marketing? “Meritata. E quando un romanzo ha un tale successo, aiuta l'intero complesso mondo della narrativa italiana. Dunque, meritata la fama, e benedetta”.    

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