Vittorio Feltri: il suicidio in diretta tv e la censura della Rai, il parallelismo con il coronavirus
Pubblichiamo un articolo del gennaio 1987 scritto da Vittorio Feltri. Racconta la polemica che scoppiò in quei giorni dopo che la Rai tagliò l'immagine finale, la più macabra, del suicidio di Budd Dwyer, ministro del Tesoro della Pennsylvania, accusato di estorsione e corruzione. Le tv americane fecero, invece, la scelta di trasmettere il filmato integralmente. Allora, esattamente come oggi per il caso del Coronavirus, l'informazione finì sotto accusa. La morte in diretta: gli americani l' hanno vista, gli italiani no. Meglio per loro o per noi? La discussione è aperta; e, probabilmente, non si chiuderà mai, perché l' argomento è di quelli che spaccano in due, inconciliabilmente, e non consente mediazioni. Ieri la Rai si è trovata per le mani la patata bollente e ha deciso per la censura. Le cose sono andate così. Alle 5.30 l'équipe di Uno Mattina (il nuovo programma televisivo che va in onda alle 7.30) arriva in redazione. Leggi anche: Coronavirus, che fine ha fatto Greta Thunberg? L'affondo di Vittorio Feltri Cinque persone in tutto, compresi il conduttore, Piero Badaloni, e il responsabile Nino Criscenti. Come al solito, si dividono i compiti: lettura delle agenzie, dei giornali, telefonate di ricognizione. Ed ecco la sorpresa: i quotidiani riportano - testo e foto - la notizia del suicidio davanti alle telecamere di Budd Dwyer, ministro del Tesoro della Pennsylvania, disperato perché accusato di aver approfittato della sua carica per intascare dei soldi. Non è un fatto irrilevante. Bisogna trattarlo. Già. Ma come? I giornalisti televisivi ricorrono a "Evelina", definizione gergale del circuito interno che offre le immagini internazionali diramate da Bruxelles, dove ha sede una specie di banca mondiale dei servizi tv. PEZZO PERFETTO Il materiale è abbondante e fresco di giornata e, come previsto, contiene le agghiaccianti sequenze degli ultimi istanti di vita di Dwyer. Il "pezzo" è tecnicamente perfetto: la faccia del ministro occupa il video per intero, ha un' espressione tirata, l' angoscia è quasi palpabile. L' uomo parla concitatamente, reclama compassione, la propria innocenza; poi apre una valigetta 24 ore, estrae una busta gialla da cui toglie una pistola, se la porta alla bocca e preme il grilletto. Resta un attimo impietrito, gli occhi sbarrati; intanto, dalla scatola cranica, traforata dal proiettile, schizza in aria il cervello. Una scena che spacca lo stomaco, alla quale milioni di statunitensi hanno assistito. Badaloni e Criscenti si guardano attoniti: che fare, la diamo o no? Non c' è parecchio tempo per disquisire, e non è l' ora adatta per consultare i direttori. Chiamano i tre colleghi della loro squadra. Ognuno dice il suo parere. Infine, il conduttore e il responsabile fissano di trasmettere il filmato, tagliandone l' epilogo più macabro. La scelta viene lodata dai vertici Rai che ribadiscono: non si dà in pasto al pubblico l' orribile spettacolo della morte. E sia il Tg 1, sia il Tg 2 delle tredici e dintorni, si adeguano. Da notare che la Tv, puntualmente, ha avvertito gli utenti dicendo pressappoco: il servizio sul suicidio ce l' abbiamo, ve lo risparmiamo per ragioni morali. «Alle 8 - racconta Badaloni - i nostri centralini sono impazziti, sommersi dalle telefonate. Un funzionario ne ha contate 340 in una sessantina di minuti e ha accertato che il 70 per cento della gente concordava con l' amputazione delle immagini cruente. Per rispetto sia degli spettatori che del ministro. In netta minoranza, dunque, coloro che avrebbero preferito che il suo gesto assumesse caratteri di esemplarità, a costo di turbare l' animo popolare». LE OPINIONI Come si sarebbero comportati altri giornalisti? Ne abbiamo sentiti quattro che hanno esperienza televisiva. Indro Montanelli: «Hanno fatto bene quelli dell' ente statale, meglio evitare certi spettacoli che hanno il potere di stimolare lo spirito di imitazione. Sono sicuro che, nel caso le immagini fossero andate in onda, oggi due o tre italiani avrebbero cercato di spararsi in diretta. C' è chi si ammazza perché crede di avere l' Aids: e questo la dice lunga sugli effetti che producono la stampa e il teleschermo. Occorre attenzione: perché è difficile valutare che cosa può scattare nella mente degli uomini dinanzi alla rappresentazione di fatti straordinariamente sconvolgenti. E poi, parliamoci con franchezza, l' orrore non aggiunge nulla alla verità». Giorgio Bocca: «Il documento era eccezionale: io l' avrei proposto integralmente, perché sono dell' opinione che la realtà, bella o brutta che sia, vada mostrata senza maschera. Indubbiamente, la Rai ha dei problemi: fa un giornalismo misto, è un servizio pubblico con implicazioni politiche. Ma non capisco una cosa: perché abbiano tagliato il nastro. Sarebbe stato più corretto non trasmetterlo affatto che censurarlo». Arrigo Levi: «Per dare un giudizio dovrei dare un' occhiata alla pellicola. Comunque i particolari macabri non mi piacciono, specialmente se gratuiti; se cioè non concorrono in misura decisiva alla comprensione di un episodio tragico, è bene eliminarli». Enzo Biagi: «Sono sempre più convinto che il pubblico è molto meglio di quelli che intendono informarlo. Non vedo perché oggi la storia di un uomo che si sente calunniato e arriva alla decisione di sopprimersi (con tutti gli insegnamenti che comporta per la nostra categoria) non debba essere data agli utenti così com' è. Mi impressiona sempre l' idea dei giornalisti che fanno i mediatori, e nella presunzione di essere quasi Dio, o suoi ministri appositamente delegati, stabiliscono cos' è giusto per gli altri». Chi ha ragione? Calma. La partita è solo all'inizio. di Vittorio Feltri