Pianerottoli 2.0. La nuova frontiera del buon vicinato viaggia sui social network. In città sempre più frenetiche e movimentate, in palazzi in cui non ci si conosce nemmeno tra vicini di casa e si preferisce affidarsi alla consegna online piuttosto che chiedere un po’ di sale per prepararsi la cena, arrivano le social street a far riscoprire il sapore del buon vecchio e caro vicino. Perché la social street è il vecchio, in salsa tecnologica, che diventa un nuovo, moderno, attuale modello di vita. A spiegare il concetto che si nasconde dietro questo fenomeno è il nome stesso: social street, o meglio strada sociale, in cui tutti si conoscono, stringono rapporti d’amicizia e ricreano quel clima perduto con la frenetica vita di città. Perché la social street funziona in modo molto semplice. Uno dei residenti di una via decide che è giunto il momento di venirsi incontro, di darsi una mano, o semplicemente di conoscersi. Si accede a Facebook e da lì si crea un gruppo, rigorosamente chiuso, a cui possono aderire solo i residenti della zona in questione. Il primo caso Ecco quindi iniziare il tam tam di messaggi, i primi incontri, le prime festicciole di via organizzate tutte tramite internet. Perché la social street serve proprio per tutto: dalla mamma che ha bisogno urgentemente di una baby sitter fino a chi ha un problema con il lavello e cerca un idraulico e persino per chi cerca nuovi amichetti vicino casa per il proprio bambino. Il primo esempio di strada social nasce a Bologna, in via Fondazza, a due passi da piazza Maggiore, dall’idea di un papà e giornalista freelance, stanco di vedere che i rapporti della zona non andavano mai oltre uno striminzito «buongiorno». Via Fondazza è stata solo la scintilla che ha scatenato quello che è diventato un vero e proprio fenomeno con ben 67 vie in tutta Italia, dal nord al sud, da Milano a Palermo, che grazie a Facebook sono diventate microcosmi a parte all’interno della città. Ed ecco che nei gruppi compaiono proprio le richieste più disparate: «Chi mi presta un seggiolino per il bambino?» chiede, per esempio, una giovane mamma che, in cambio, offre per chi si renderà disponibile lezioni gratuite di inglese. Ma le social street, servono proprio a tutto, anche ad assistere i più bisognosi: «Qualcuno avrebbe tempo per andare a comprare alla signora Teresa, che non può uscire da casa, il giornale? chiedono nelle pagine di una social street romana. Non servono cognomi, specifiche di indirizzo: perché la signora Teresa non è più una persona qualsiasi residente per caso nella stessa zona, ma è un’amica, una buona vicina, una compagna di chiacchiere e gossip nel tempo libero. E dove prima c’era il cortile condominiale che ricopriva il ruolo di aggregatore sociale in cui i condomini si fermavano a chiacchierare, a chiedere consigli, a volte anche piccoli aiuti, ora invece c’è Facebook e Whatsapp, il servizio di messaggistica instantanea in cui un sms può essere inviato a un gruppo di persone, come per esempio può essere quello creato dai vicini di pianerottolo. Misura anticrisi La social street, poi, è anche uno strumento anticrisi: «La connessione wireless costa meno se divisa con i propri vicini», dice un annuncio su una delle bacheche di Facebook nel quale si invitano i vicini a condividere la bolletta. Stesso esperimento si fa con la spesa: comprare all’ingrosso porta di sicuro un risparmio, perché non approfittarne? Quella che è una mania, che si sta espandendo a macchia d’olio, è sfociata in un portale internet, www.socialstreet.it, in cui compare anche un vademecum con le regole per la gestione di una buona social street e che porta una rinfrescata alle ormai dimenticate regole di buon vicinato. Marianna Baroli
