"Togliere le vigne dal Chianti" Come fermare il Rinascimento"

di Lucia Espositodomenica 7 settembre 2014
"Togliere le vigne dal Chianti" Come fermare il Rinascimento"
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Chissà se un giorno passerà alla storia come la «guerra del vino». Fatto sta che in Toscana, oltre alla vendemmia, in questi giorni tiene banco la grana Pit, acronimo per Piano di Indirizzo Territoriale, la famigerata riforma del paesaggio voluta dalla Regione Toscana. Entro il 29 settembre c’è tempo per presentare le obiezioni, la Confartigianato di Siena teme «per l’intera filiera», il gruppo Fratelli d’Italia sostiene che «non avranno i numeri per votare questa sciagurata iniziativa», il governatore Enrico Rossi - fa sapere il portale winenews.it ha incontrato il Marchese Frescobaldi e si è detto lieto per la definizione di «conservatore» affibbiatagli da Frescobaldi, «perché provare a conservare la bellezza del paesaggio toscano è un titolo di merito». Ma il sospetto è che non abbia colto il sarcasmo del Marchese. Ora si scopre che lo studio per partorire la variante paesistica è costato circa 1.140.000 euro (un milione e 140mila), come da accordo attuativo firmato il 6 ottobre 2011 a Firenze fra Regione Toscana e Centro Interuniversitario di Scienze del Territorio, la struttura cui si è rivolta la Regione per la consulenza. E tramite Libero anche Sergio Zingarelli, presidente del Consorzio del Chianti Classico e proprietario dell’azienda Rocca delle Macìe di Castellina in Chianti, alza la voce: «Questo piano non accontenta nessuno. Ho parlato con molti sindaci, di Greve in Chianti, Castellina, Montalcino: sono allarmati». E voi produttori? «Noi non siamo neanche stati coinvolti: è un piano anacronistico come dice Giovanni Busi, presidente del Consorzio Vino Chianti. Coloro che lo hanno redatto, e scritto in maniera barocca, devono rendersi conto che sono andati oltre». Cosa non la convince? «Di quelle tremila pagine? Poco, fanno rimanere a bocca aperta. La prestigiosa rivista americana Wine Enthusias ha appena inserito il Chianti fra i cinque candidati come miglior regione vitivinicola mondiale del 2014, insieme alla francese Champagne e le americane Sonoma Coast, Red Mountain e New York State. E la Regione dice che le nostre vigne non vanno bene?» Magari dall’estero si capisce meglio come stanno le cose...«Guardi, il Piano fa accenno anche alla strada che unisce Castellina in Chianti e Castellina Scalo, proprio dove siamo noi insieme ad altre aziende importanti, e sostiene che proprio qui ci siano i tanto demonizzati vigneti intensivi senza “soluzione di continuità”. Ebbene, io a volte quando torno in azienda in macchina, mi ritrovo a prendere a male parole qualche turista che si è fermato con l’auto dietro una curva ed è sceso per fotografare queste vigne spettacolari». l Pit accenna pure al dissesto del territorio. «Ma il Pit non sa che le aziende vinicole hanno riportato a vivere borghi ormai dimenticati. I problemi di dissesto idrogeologico, naturalistico, morfologico? Mai visti. Siamo noi i primi a evitare che ci siano frane, smottamenti, esondazioni. Oggi abbiamo davanti una vendemmia complicata perché la stagione è stata poco favorevole e ci troviamo a doverci difendere dai nostri amministratori? È una follia». Cosa pensate di fare? «Certamente a breve un’iniziativa ufficiale. Oggi incontreremo alcuni signori che hanno lavorato al piano e illustreremo loro quei passaggi illogici da stralciare. Il tutto in maniera civile. Ci diranno forse che dobbiamo interrompere un vigneto per metterci una siepe? Le racconto questa. Il mio agronomo è andato pochi giorni fa a una fiera a Montpellier e si è trovato davanti lo stand di un’azienda francese che vende attrezzature per l’agricoltura che aveva sistemato a parete piena la foto del vigneto qui davanti a Rocca delle Macìe: secondo gli standard che vorrebbe la Regione, sarebbe “brutto”». Eppure l’Europa eroga dei fondi in supporto alle aziende. «Precisiamo bene. È vero che ci sono stati i contributi di 12mila euro a ettaro poi saliti a 16mila, però per fare un ettaro di vigneto ce ne vogliono 50mila, messi di tasca propria dagli imprenditori. Dunque quando la politica ricorda che nel periodo 2000-2013 sono stati elargiti 155 milioni di euro dalla Ue, bisogna dire anche che sono stati aggiunti altri 600 milioni di euro direttamente dai produttori per il rifacimento di questi vigneti. E questi vigneti sono belli, funzionali e ci danno la qualità per produrre grandi vini». L’assessore Marson critica quelle «aziende industriali che hanno piantato viti senza soluzioni di continuità spianando colline e terrazzamenti e eliminando strade interpoderali» «A parte che mi pare un’affermazione con poco senso, bisognerebbe fare nomi e cognomi. Il Piano recita anche: “delimitare il processo di perdita degli ambienti agropastorali tradizionali”: ma qual è l’aspetto tradizionale, quello di 40 anni fa? Quando siamo arrivati a Castellina, nel 1973, c’erano due ristoranti e due affittacamere: tutto il moderno Rinascimento della Toscana è avvenuto grazie alla diffusione del vino di qualità, che ha portato non solo posti di lavoro nelle aziende, ma ha aiutato a rilanciare e difendere il turismo, l’artigianato e le grandi attività locali. Noi oltre a fare il vino e stare coi piedi per terra e dentro la terra, andiamo anche a venderlo in giro e insieme “vendiamo” anche il territorio e la Toscana. Fermare questo mondo virtuoso è come fermare un Rinascimento. O vogliamo davvero tornare a pascolare le pecore?». Tommaso Lorenzini