"Non risulta da alcun elemento in atti che Mora abbia indotto o favorito la prostituzione informando i propri artisti di pagamenti di corrispettivi in denaro o altra utilità per le serate presso la residenza di Silvio Berlusconi". E’ uno dei passaggi del ricorso presentato da Gianluca Maris e Nicola Avanzi, legali di Lele Mora condannato a 7 anni dai giudici di primo grado di Milano nel processo Ruby 2. Gli avvocati spiegano, nella loro istanza di una quarantina di pagine che nelle notti di Arcore potevano "presentare numerosi aspetti di immoralità e squallore" ma erano solo "la base e l'occasione di tutta una fase di conoscenza reciproca e di creazione di vincoli di simpatia o empatia fra le parti in gioco" La mission di Lele - "Ciò che all’evidenza si proponeva Mora era quello di promuovere i suoi artisti, non certo quello di indurne o favorirne la prostituzione", scrivono gli avvocati che chiedono "preliminarmente di annullare la sentenza e le ordinanze impugnate, dichiarare la propria incompetenza ed ordinare la trasmissione degli atti al giudice di primo grado competente, individuato nel Tribunale di Monza" e nel merito di "assolvere Dario Mora dai reati a lui ascritti perchè il fatto non sussiste o non costituisce reato". Contro la sentenza emessa il 19 luglio scorso dal collegio presieduto da Annamaria Gatto, i legali sollevano oltre la questione della competenza territoriale, anche quella dell’eccezione di illegittimità costituzionale contro le accuse di induzione e favoreggiamento della prostituzione minorile di Karima El Mahroug. "In realtà Karima mai ha detto a Mora di essere minorenne e Mora lo ha appreso solo successivamente", aggiungono i legali. Il rapporto con Ruby - In primis "la sua conoscenza di Karima, come ricostruita dalla testimonianza di Zorzetto, con la compilazione della famosa scheda e poi il suo aspetto fisico, che è stato, per unanime riconoscimento di tutti i testi, apprezzato come quello di una persona maggiore di età; da ultimo la circostanza che davanti a tutti Karima si sia sempre presentata come una ragazza di 24 anni", si legge nel ricorso dei legali. "Ma vi è un altro dato che, a giudizio di questa difesa, risulta molto importante per dimostrare l’ignoranza invincibile di Dario Mora circa la reale conoscenza della minore età di Karima: la testimonianza di Caterina Pasquino, colei che con la sua denuncia di furto a carico di Karima ha dato di fatto avvio al processo per cui è causa", scrivono. "Ed invero se Dario Mora fosse stato artefice del sistema prostitutivo prospettato, con la consapevolezza, oltretutto, di aver a che fare con una minorenne, mai e poi mai avrebbe esortato la Pasquino a denunciare Ruby, con il pericolo, conoscendone il carattere, che quest’ultima, quantomeno per ritorsione, potesse all’occorrenza fare dichiarazioni che ne rivelassero l’esistenza, rimanendone alla fine lui stesso implicato", concludono gli avvocati.
