"Agli Ussari polacchi spettava il compito di sviluppare un potente attacco per disarticolare le unità nemiche", spiega Daniele Cellamare, docente presso la Sapienza di Roma e il Centro Alti Studi della Difesa e autore de Gli Ussari alati (Fazi Editore, 2014), attualissimo romanzo storico sul tema dello scontro di civiltà. La lotta tra Occidente e Islam radicale vive nelle pagine di un libro che ricorda di quando la cristianità, lacerata dalle guerre di religione e da divisioni tra potentati, rischiò di soccombere all'armata turca di Karà Mustafà. Prima dell'attacco al World Trade Center del 2001 ad opera di Al Qaeda, l'11 settembre ricordava il giorno in cui la jihad raggiunse la sua massima espansione, arrivando a minacciare Vienna nel 1683. Un frate italiano, Marco D'Aviano e un monarca polacco fecero in modo che ciò non avvenisse. "Porterò l'inferno nel campo ottomano", tuona Joan Sobieski (Jerzy Yurek Skolimowski, ndr) nel film 11 Settembre 1683 di Renzo Martinelli. E così fu, perché l'ingresso in battaglia degli Ussari alati del re polacco "è stato un elemento significativo e per certi aspetti risolutivo", spiega Cellamare. "Gli imperiali riuscirono in un primo tempo a disperdere le truppe nemiche e prima ancora che avessero il tempo di riorganizzarsi, la carica degli Ussari Alati risolse la battaglia. I cavalieri alati puntarono direttamente sull'accampamento turco e la sua conquista fece crollare qualunque velleità di resistenza. All'esercito del Gran Visir non rimase che un'unica via di scampo, quella di una fuga precipitosa". Romanzo storico sì, ma scritto da un autore che è docente di storia militare a La Sapienza di Roma e che arricchisce la trama con contenuti precisi, dettagliati, non lasciati al caso. Gli Ussari alati ci ricorda come la sconfitta di Karà Mustafà non sia stata cosa scontata, o di secondo piano. Un libro che è lo specchio della secolare lotta tra un Occidente sempre diviso e un mondo islamico in continuo fermento. di Marco Petrelli @marco_petrelli