Ciancimino, 12 milioni in Svizzera:altre ombre sull'idolo di Santoro

I pm di Palermo trovano i fondi occulti del padre Vito, gestiti da Massimo. Lui sfotte: "Lì darò in beneficenza ai terremotati"
di Giulio Bucchisabato 7 luglio 2012
Massimo Ciancimino

Massimo Ciancimino

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Dodici milioni di euro occultati in conti bancari in Svizzera: eccolo, il tesoro nascosto di Vito Ciancimino, ex sindaco mafioso di Palermo morto nel 2002. Un tesoro consistente, e riconducibile al figlio Massimo, già condannato per riciclaggio dei beni del padre a 2 anni, 10 mesi e 20 giorni. Il pool di magistrati coordinato dal procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e dai sostituti Dario Scaletta e Lia Sava, ha già avviato la rogatoria per sequestrare i milioni. La procura sta peraltro approfondendo altri episodi di presunto riciclaggio che conducono questa volta in Romania: avrebbe a che fare con l’affare milionario dei rifiuti e la gestione di una maxi discarica a Bucarest. Una nuova, pesante ombra, dunque, sulla credibilità di Massimo Ciancimino, da anni considerato testimone credibile riguardo alla trattativa stato-mafia (e spesso utilizzato anche in chiave anti-Berlusconi) e considerato da magistrati e giornalisti un vero e proprio idolo anti-mafia. L'ira del Pdl - Proprio su questo punto è durissimo il senatore Pdl Maurizio Gasparri: "Ciancimino Jr aveva tritolo in casa e milioni in Svizzera ma Ingroia e Santoro ne avevano fatto un’icona antimafia. Dovrebbero chiedere scusa pubblicamente". "E' uno dei capitoli più vergognosi della recente storia italiana - prosegue il capogruppo azzurro a Palazzo Madama - ma poichè riguarda icone della sinistra stanno tutti zitti. Io - annuncia il capogruppo Pdl al Senato - non starò in silenzio e denuncerò in tutti i modi questa vergogna". "Li darò in beneficenza" - La replica di Ciancimino Jr arriva rapida, e naturalmente il figlio dell'ex sindaco di Palermo adombra complotti. "Se c'è il tentativo da parte di qualche procura o della finanza di condizionare le mie dichiarazioni ai magistrati sulla trattativa, qualcuno ha fatto male i conti. Vedo che la saga della caccia al tesoro non smette di avere spazio sulle cronache". E poi una dichiarazione che sembra quasi una provocazione: "Qualunque somma si dovesse trovare in Svizzera, Romania e in qualunque altro posto che sia riconducibile a me la darò in beneficenza alle popolazioni dell’Emilia Romagna colpite dal terremoto e alle famiglie delle vittime della mafia". Il superteste dell’indagine sulla trattativa, nonostante la collaborazione con i magistrati e il carcere e i domiciliari patiti per la calunnia nei confronti dell’ex capo della polizia, Gianni De Gennaro, e per la detenzione di esplosivi, in questi mesi non sarebbe rimasto inattivo e avrebbe cercato di riprendere i vecchi canali e di riattivare i conti nella sua disponibilità. Chi indaga però è a caccia del resto del "tesoro di don Vito": quello già confiscato con la sentenza della Cassazione ammonta a 60 milioni di euro e già questa somma rappresenterebbe solo una minima parte delle immense fortune accumulate dall’ex sindaco mafioso di Palermo con le tangenti del cosiddetto "sacco" edilizio del capoluogo dell’Isola. 

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