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Giorgia Meloni, il dossier di Fratelli d'Italia sulle morti da coronavirus ignorate da Conte: sciatteria? Non solo

Antonio Rapisarda
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Il governo Conte e le sue innumerevoli task force continuano ad esasperare gli italiani con le "Faq" sugli intraducibili Dpcm, ma ancora non sono riusciti a fornire le risposte ad alcune domande "fondamentali" per stabilire come procedere con lo sblocco dell' intera nazione. Qualche esempio? Quando è iniziata effettivamente la crisi del Covid-19? Individuare con precisione dove il virus ha colpito può essere utile per modulare la ripartenza? Lo stesso vale per le fasce di età?

A tutto questo le istituzioni non hanno risposto con la dovuta chiarezza, lasciando ai bollettini della Protezione Civile il compito di aggiornare sugli sviluppi della crisi: numeri che però, come testimoniano alcuni passaggi surreali delle conferenze stampa di Borrelli & co, sono risultati più volte non rappresentativi della realtà. Impossibile dunque tracciare un profilo esatto?

Al contrario: e proprio grazie all' Istat. A dare i "dati" sul coronavirus - incrociando i dossier dell' istituto di ricerca nazionale con il lavoro di un esperto di elaborazione dati come Alessandro Moricca - ci ha pensato però il centro studi di Fratelli d' Italia che, dopo aver chiesto più volte al governo lumi sull' argomento, ha dovuto fare da sé mettendo un po' d' ordine dove le centinaia di esperti a disposizione di Conte non hanno ancora provveduto.

 

 

 

Gestione della crisi - Solo sciatteria? Non esattamente, dato che - come è possibile vedere dai dati presentati dal coordinatore Francesco Filini - proprio le conclusioni del rapporto di FdI aiutano a svelare le falle nella gestione della crisi da parte dell' esecutivo. «Ci siamo "limitati" a fornire dei dati oggettivi - spiega a Libero il senatore Giovanbattista Fazzolari, responsabile del programma di FdI -. Certo, il governo ha lasciato i cittadini nella più totale indeterminatezza: forse per rendere insindacabili le decisioni degli esperti» Non è neutro, ad esempio, stabilire quando è iniziata davvero l' epidemia. Una delle tesi è datare tutto tra novembre e dicembre del 2019.
«Sembrerebbe di no - si legge nel rapporto -. I dati Istat mostrano come solo dall' inizio di marzo 2020 si registra un aumento della mortalità». È qui che si ha il boom di decessi: qualcosa come più 17mila vittime su base nazionale. I picchi? Lombardia (+129%), EmiliaRomagna (+55%), Liguria e Marche (+30%) e Piemonte (+26%). Siamo a due mesi dall' annuncio di Giuseppe Conte che a Otto e mezzo assicurava tutti spiegando come l' Italia stava adottando «misure cautelative all' avanguardia rispetto agli altri». A livello nazionale, invece, si stima un incremento della mortalità del 32% nel mese di marzo rispetto alla media degli anni precedenti, mentre - rispetto ai dati forniti dalla Protezione Civile - si parla di un +70% (ma si teme che il numero sia ancora più alto). I motivi di questo iato? «Alcuni sono stati ammessi dalla stessa Protezione civile, come il fatto che per essere considerati morti per Covid era necessario essere stati sottoposti al tampone. Altri motivi possono essere di tipo organizzativo soprattutto nella primissima fase dell' emergenza».

Importante capire anche che ben il 78% circa dell' aumento di mortalità a livello nazionale nel mese di marzo si concentra nelle venti province più colpite: «Impressionante il dato della provincia di Bergamo con un incremento della mortalità del 432%. Seguono Cremona che ha quadruplicato i morti (+294%) come Lodi (+ 289%)». Di tutt' altro si parla per il Sud. In Basilicata il caso limite: solo quattro morti per conoravirus a marzo. E chi sono, infine, i più esposti alla "letalità" del virus? È altamente letale per gli over 70, pericoloso per gli over 60, quasi inoffensivo per chi ha meno di 60 anni e non ha patologie pregresse.

Riapertura modulare - Davanti all'"assembramento" di questi dati emergono le linee guida che FdI dà per la ripartenza. Il preambolo è chiaro: «Non sembra sensato bloccare l' intera Nazione. La soluzione più ragionevole è la tutela degli anziani e misure precauzionali per gli over 60». Non solo. La riapertura non può che essere modulare, dato che che l' epidemia non è diffusa in modo uniforme: «Il mantenimento di zone rosse circoscritte è maggiormente sostenibile che non la chiusura generalizzata». Fuori dai centri del rischio? «Riapertura di tutte le attività, senza distinzione, attraverso un protocollo di sicurezza; test rapidi a tappeto sulla popolazione. Sanificazione dei luoghi di lavoro, dei mezzi di trasposto pubblico e dei luoghi aperti al pubblico a carico dello Stato». Un passaggio, infine, sulla scuola: «Non appare giustificato il perdurare della sospensione. La riapertura delle scuole andrebbe prevista il prima possibile». Un favore alle famiglie ma anche ai nonni, che verrebbero esposti a un altro - l' ennesimo - inutile rischio.
 

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