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Silvia Romano, l'orrore dell'assessore di Beppe Sala: sogna Matteo Salvini rapito dai jihadisti

Massimo Costa
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La riflessione, scritta alle otto del mattino sul suo profilo Facebook, inizia con una appassionata difesa di Silvia Romano, la cooperante tenuta in ostaggio per 18 mesi dai jihadisti somali di al Shabaab e tornata lunedì a Milano. «Aisha è un bellissimo nome che ha ispirato una struggente canzone a Cheb Khaled. Significa "forza vitale" e si adatta benissimo al sorriso dirompente di questa meravigliosa ragazza». Paolo Limonta, maestro elementare nonché assessore comunale all'Edilizia scolastica, prosegue la sua arringa chiedendo di lasciare tranquilla la ragazza: «Direi che è una scelta di una persona che, adesso, ha solo bisogno di essere lasciata in pace».

Poi, però, l'orazione prende tutt'altra piega e si trasforma in un atto di accusa pesantissimo nei confronti di chi ha osato sollevare dubbi sull'operazione che ha tolto Silvia dalle mani dei carnefici e l'ha riportata a casa. «Vivere diciannove mesi di paura assoluta e riprovare la stessa paura tornando nel tuo Paese dove si sta addirittura pensando di metterla sotto protezione per le minacce che ha ricevuto, è un' esperienza che non auguro davvero a nessuno. Anche se per un bel po' di razzisti, fascisti e sovranisti potrebbe essere un'esperienza formativa». Ma come: per un bel po' di razzisti, fascisti e sovranisti potrebbe essere una esperienza formativa? Il rapimento, le minacce, le torture psicologiche, l'angoscia di essere diventata proprietà dei terroristi: tutto questo potrebbe educare chi non la pensa come Limonta? «Buona vita Aisha. Ti aspettiamo al Trotter» conclude l'ex braccio destro di Pisapia, da tempo punto di riferimento della sinistra radicale milanese.

Ma le parole d'odio verso il magma indefinito di fasciosovranisti - forse ce l'aveva con il leader dell'opposizione Mattteo Salvini, oppure con i leghisti, oppure ancora con chi non è di sinistra? - pesano come un macigno sull'immagine di un politico che si propone come alfiere del dialogo, dell'integrazione, della solidarietà verso gli ultimi. Soprattutto, sono parole inacettabili se pronunciate da uno dei responsabili dell'amministrazione di una città. Ci auguriamo che il sindaco Beppe Sala prenda provvedimenti, perché quelli sono toni incompatibili con la dialettica politica, pur aspra e urticante finché si vuole. Arrivare a dire che, tutto sommato, l'esperienza del rapimento gioverebbe a «formare» i nemici politici è più di un'espressione infelice. È una frase che, proprio all'insegna del rispetto degli avversari, dovrebbe convincere il sindaco in assenza di scuse a rimuovere dall'incarico il suo assessore a Palazzo Marino.

Attenzione. Vanno sicuramente condannati senza se e senza ma gli insulti e le minacce nei confronti della ventitreenne, non ci devono essere tentennamenti. Diverso, però, è il caso di chi chiede chiarimenti sull'operazione portata a termine dal governo guidato da Giuseppe Conte. Anche perché i punti oscuri - che, ribadiamo, non giustificano in alcun modo violenze verbali verso Silvia Romano - sono tanti. È giusto o sbagliato pagare un riscatto ai terroristi? La domanda apre una riflessione profonda che ha attraversato la storia recente del nostro Paese, non è mica uno slogan da tifosi. Men che meno lo è sollevare dubbi sullo show mediatico del governo intorno allo sbarco a Ciampino della ragazza in abiti islamici. Oppure chiedere alle ong di non mandare allo sbaraglio i cooperanti in zone pericolose dell'Africa.

Non è una bestemmia sottolineare le tante ombre dell'affaire Romano. Invece, secondo il tollerante Limonta, un po' di rieducazione nei campi di prigionia somali in fondo servirebbe a qualcuno come esperienza formativa. «Non lo auguro a nessuno, anche se...». Paolo Bassi, presidente leghista del Municipio 4, ha letto ieri quella frase dell'assessore su Facebook e come tanti è rimasto colpito: «Mi dispiace che un assessore in qualche maniera più o meno velata mi auguri di essere rapito da un commando estremista musulmano. Nella foga di polemizzare e agitare il sempreverde spettro del fantafascismo all'esponente della giunta è scappata una frase che avrebbe fatto bene a non dire. Personalmente io per commentare il caso di Silvia Romano ho usato le parole di Maryan Ismail e Fiamma Nirenstein, due donne che hanno espresso in maniera legittima e puntuale una serie di considerazioni».

 

 

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