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Fase 2, il governo fa schedare chi va al ristorante e chi si reca dal parrucchiere

Alessandro Gonzato
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Il ministro per l'Innovazione, Pisano, ha annunciato che l'App "Immuni" sarà pronta a fine maggio, e chissà come mai se ad aprile il commissario straordinario per l'emergenza Arcuri aveva assicurato che sarebbe stata disponibile l'indomani della festa dei lavoratori. Ammettiamo comunque di poter scaricare "Immuni" sullo smartphone tra una dozzina di giorni, quasi due settimane dopo la "ripartenza": a quel punto, sulla scorta del "decreto (fantasma) aprile" diventato "maggio" e infine "rilancio", il ministro potrebbe tranquillamente cambiare il nome dell'App in "Quasi Immuni", dato che avremo avuto tutto il tempo di reinfettarci e i tecnici non saprebbero da dove partire per risalire la catena dei contagi.

Il "tracciamento" ormai è inutile così come lo è stato pagare esperti e relative task force per ideare un'applicazione la cui installazione sarebbe comunque stata facoltativa e dunque non sarebbe servita e non servirà a niente. Al Paese di Giuseppi i misfatti si susseguono vorticosamente e così a causa del caos creato da Palazzo Chigi c'è chi come la Regione Lazio guidata dal capo dei Dem Zingaretti ha deciso di obbligare ristoratori e parrucchieri a schedare i clienti per 30 giorni: altrove il limite è di 15. Da Viterbo a Latina il Grande Fratello saprà quante volte i fessi dei cittadini hanno pranzato fuori o sono andati a farsi la messa in piega. Chissà che il Fisco un domani non ne chieda conto per mezzo del redditometro. Nel frattempo, giusto per snellire la burocrazia, il governo ha pubblicato sul sito del Viminale la milionesima autocertificazione che però non serve a un tubo visto che per giustificare lo spostamento tra regioni può essere usato il modello vecchio previa cancellazione delle voci non più attuali. Il Veneto ha stretto accordi col Friuli Venezia Giulia e con Trento per consentire a chi abita nelle province di confine di rivedere i congiunti. Idem tra Rovigo e Ferrara. nordest più unito Pilato Conte ha scelto di scaricare ogni responsabilità sui governatori in modo che se l'infezione ricomincerà a crescere la colpa sarà solo loro. I presidenti stanno procedendo in ordine sparso a seconda dei dati epidemiologici e delle richieste del mondo produttivo. Il sindaco di Napoli, De Magistris, ha dichiarato che la città era pronta a ripartire già da due settimane, che la quarantena è stata rispettata «in maniera rigida» dai concittadini, ma il governatore campano De Luca non ha firmato il protocollo proposto da Palazzo Chigi e dunque molti ristoranti e bar sono ancora chiusi.

 

«Questo è il caos più totale» ha tuonato De Magistris, che ha rincarato la dose: «Ormai De Luca parla solo su Facebook». In ogni caso ieri nelle vie dello struscio napoletano c'era parecchia gente. In Sardegna si può andare in spiaggia a passeggiare ma non si può fare il bagno: «Per la balneazione» ha dichiarato l'assessore agli Enti Locali Sanna «attendiamo ancora un protocollo del governo con le linee generali che poi ogni Regione adatterà alla fattispecie concreta». Da Nord a Sud gli operatori turistici non sanno che cosa fare. In serata è trapelata l'indiscrezione che «nei prossimi giorni» sarà pronto il «documento di valutazione d'impatto per la protezione dei dati personali» relativo a "Immuni". Il testo dovrà essere poi valutato dal garante della privacy e saranno necessari i tempi tecnici per la conclusione dell'iter tecnologico col coinvolgimento di Apple e Google. Tutto in 12 giorni, ministro Pisano? Sarebbe il nuovo miracolo italiano. «Dobbiamo essere molto preoccupati perché la settimana che sta iniziando è la più difficile» ha dichiarato il ministro per gli Affari regionali Boccia.

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