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Scuola, i banchi non arrivano? Ecco la soluzione: il gesto clamoroso con cui il preside ridicolizza il governo

Tiziana Lapelosa
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A volte basta usare un po' di cervello. E risolvere in un batter d'occhio rompicapo che gli esperti chiamati a farlo faticano nel centrare l'obiettivo senza mettere mano al portafogli e senza inquinare. Parliamo dei banchi, quelli che, causa Covid, si chiede siano monoposto a partire dal prossimo anno scolastico al via - salvo sorprese - il prossimo 14 settembre. I vecchi banchi a due posti non vanno più bene? Che si taglino in due quelli vecchi! È questa l'idea venuta ad un insegnante dell'istituto comprensivo Elisa Scala, tre scuole elementari, una media e una dell'infanzia nella periferia di Roma, borgata Finocchio, distante qualche chilometro dai palazzi del potere dove si producono tante parole e pochi fatti. È così che, stanchi dei ritardi del governo, un prof di Tecnologia, nell'affrontare la questione con la preside, ha aguzzato l'ingegno: tagliare a metà quelli esistenti. Si chiama Roberto Roccatelli e della scuola è anche responsabile del FabLad, una officina digitale e punto di riferimento culturale dell'area. Sulla scia delle indicazioni del ministero dell'Istruzione, ha proposto di tagliare in due quelli esistenti anche perché «l'idea di buttare via banchi nuovi ci sembrava folle».

 

 

La scuola, infatti, è nuova, ha aperto appena cinque anni. «Riciclare, muovendo l'economia locale ci è sembrata la cosa più semplice da fare. Ci siamo subito mossi sul territorio, chiedendo preventivi», ha raccontato il prof a Repubblica. La scelta è infine caduta su una falegnameria locale chiusa per Covid e "riaperta" per Covid. Ogni banco ricilcato è costato 34 euro. Un euro meno del più economico dei monoposto in commercio, ma con un valore aggiunto altissimo se si pensa ai benefici per l'ambiente. Quello romano è un esempio che basta a risollevare una categoria, fatta di presidi e insegnanti, fino a ieri ignorata o paragonata a svogliati impiegati statali in attesa dello stipendio, ma che ora si sta prendendo la sua rivincita. Da viale Trastevere, infatti, più che indicazioni opache non arriva granché. La sola certezza è quella di aver "scaricato" sui presidi ogni responsabilità e pure sulle famiglie, chiamate, per esempio, a misurare la temperatura ai propri figli (non può farlo la scuola?). Insomma, il successo del rientro è tutto nelle mani di dirigenti e corpo docente che, avendo pieni poteri, potranno finalmente dimostrare quanto valgono.

Non a caso, Domenico Arcuri, commissario straordinario per l'emergenza Covid, ieri ha scritto così ai presidi: «Sono certo di una Vostra proficua collaborazione, quanto mai necessaria a garantire che un processo mai realizzato prima in un arco temporale così ristretto ed in una dimensione così rilevante possa essere il più efficacemente portato a termine». Che è un po come dire: arrangiatevi. Nella lettera si specifica anche che la distribuzione dei banchi in alcune scuole «si concluderà nella seconda parte del mese di ottobre». Niente male. Certo, è vero che in Italia ci sono 17.863 plessi, ma è pur vero che la scuola è diventata una "questione" dallo scorso marzo. Da allora di mesi ne sono passati sei, abbastanza per non arrivare impreparati a settembre. In ogni caso, quanti si ritroveranno con un banco di "vecchia generazione", potrebbero sempre spezzare in due quelli che hanno. Magari aggiungendo qualche rotella e farle diventare "sedute innovative". I falegnami ringrazieranno. 

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