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Coronavirus, Agostino Miozzo a capo del Cts accusa il governo: "Nessun piano anti Covid. Si potevano evitare dei morti"

Sandro Iacometti
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Non c'era un piano segreto. Anzi, non c'era proprio alcun piano. Mentre infiamma la polemica sui verbali della pandemia che il governo ha tentato fino all'ultimo di tenere nascosti, il capo del potente Comitato tecnico scientifico, su cui ora l'esecutivo sta cercando di scaricare tutte le responsabilità, rivela quello che in tanti avevamo già capito a nostre spese. E cioè che lo scorso febbraio, di fronte all'aumento delle terapie intensive e dei morti, il governo e gli esperti hanno iniziato ad improvvisare senza avere né gli strumenti né la minima idea di dove andare a parare. Difficile dire se Agostino Miozzo, il dirigente della protezione civile che ha cordinato gli scienziati durante l'emergenza, abbia deciso di parlare con Repubblica per difendere Palazzo Chigi o se stesso. Di sicuro, gli sono riuscite male entrambe le cose. Il quadro che emerge dal suo racconto è agghiacciante. Dopo aver spiegato che ora tutto è pubblico e che il Cts non aveva il potere di secretare niente, ma solo di consigliare il massimo riserbo sui dati allarmanti che arrivavano (tra cui il famoso rapporto segreto sul rischio di 800mila contagi) per evitare «di gettare il Paese nel panico», Miozzo illustra qual era la situazione al 7 febbraio, giorno della prima riunione del Comitato: «Non esisteva un piano pandemico generale e questa è stata la grande debolezza del ministero della Salute. Non esisteva una previsione di mascherine necessarie, posti letto da liberare. Soprattutto, non c'erano scorte. Il Paese partiva da zero e noi, da zero, dovevamo preparare in tutta fretta un Piano anti-Covid da utilizzare subito». Avete capito bene. Mentre gli italiani si arrovellavano sull'esito del Festival di Sanremo, chiedendosi se l'indomani avesse vinto Diodato o Gabbani, o si facevano due risate con le gag di Fiorello, i tecnici (e di conseguenza l'esecutivo) prendevano atto che di lì a poco ci sarebbe stata una carneficina e nessuno avrebbe potuto evitarla.

 

 

 

 

Ed ecco la reazione tempestiva del governo Conte. Il 15 febbraio la Farnesina di Luigi Di Maio spedisce due tonnellate di materiale sanitario, mascherine comprese, in Cina. Passa una settimana e il premier, è il 21, assicura che «tutto è sotto controllo». Due giorni dopo, il 23, Libero titola «Prove tecniche di strage». Manco a dirlo viene coperto di insulti e di minacce di radiazione a vita dall'Ordine professionale per tutta la direzione. Volete sapere quello che è successo in quelle settimane? Ce lo dice Miozzo. Di mascherine manco a parlarne. «Per lasciare a medici e infermieri i presidi», spiega, «ho iniziato a dire: mettiamoci una fascia, una sciarpa, un foulard». I test sono stati fatti solo ai sintomatici perché «mancavano i reagenti, una di quelle cose che un piano pandemico avrebbe dovuto prevedere». Insomma, limitare i tamponi era «una scelta obbligata», non una strategia. Il 3 marzo il Cts consiglia Conte di chiudere anche Alzano e Nembro, nel Bergamasco, lui non lo fa. Però il coordinatore Miozzo è clemente «forse avremmo salvato qualche vita, ma è facile sentenziare col senno di poi». Del resto, cosa vuoi che sia qualche vita. E poi il Cts, che Conte citava nelle sue conferenze stampa come fosse il messia, era troppo impegnato a «fare sforzi ciclopici per far entrare la conoscenza scientifica in questioni di cui non ci eravamo mai occupati in vita». La sintesi è sconfortante: «Nessuno, neppure noi, era preparato. Il Paese era nudo e noi abbiamo dovuto fare le cose all'italiana». 

 

 

Facciamo un riepilogo per riordinare le idee: il governo conosceva sin dall'inizio di febbraio la situazione ma non predispone alcun piano, chiama un gruppo di tecnici che non sa dove mettere le mani e si preoccupa solo di nascondere i dati, si affida a loro ma non li ascolta quando mettono in guardia sulle zone rosse, chiude tutto per mesi mettendo in ginocchio il Paese. Il risultato è che l'Italia è diciottesima nel mondo per numero di contagi (277.643) e sesta per numero di morti (35.541). Salvare qualche vita, come dice Miozzo, forse era possibile. Magare anche più di qualche. 

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