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Luana D'Orazio, morta risucchiata dall'orditoio: "Il macchinario manipolato", indiscrezioni dalla procura

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 Luana D'Orazio

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Una cosa è certa sulla tragica morte di Luana D'Orazio, l'operaia di 22 anni risucchiata dal rullo di un orditoio: il macchinario "gemello" aveva i sistemi di sicurezza manipolati. E' quanto si apprende da fonti della procura di Prato dopo un accertamento del suo consulente tecnico su un orditoio presente nella ditta uguale a quello che ha ucciso la giovane mamma, riporta il sito ansa.it. In seguito all'incidente gli inquirenti sequestrarono due orditoi nella ditta - quello in cui Luana fu trascinata e un altro, posto di fronte - per fare una comparazione sui due macchinari. Ieri 12 maggio, il consulente del pm ha iniziato l'accertamento dall'orditoio gemello trovando, appunto, questa manomissione. Nei prossimi giorni sarà invece esaminato quello dov'è morta Luana.

L'incidente avvenne nella fabbrica di Oste di Montemurlo, in provincia di Prato, una decina di giorni fa e da allora stanno cercando di fare chiarezza i carabinieri e gli ispettori del Dipartimento di prevenzione della Asl. La settimana scorsa sono rimasti chiusi all'interno del capannone dove si è consumato l'incidente per effettuare tutti i rilievi. E per rispondere a domande fondamentali: cosa non ha funzionato? C'erano tutti i dispositivi di sicurezza?

Intanto sono due gli indagati: Luana Coppini, titolare dell'azienda tessile, e Mario Cusimano, addetto alla manutenzione del macchinario. Nei loro confronti si ipotizza l'omicidio colposo: avrebbero "rimosso dall'orditoio la saracinesca protettiva, un meccanismo destinato a prevenire infortuni sul lavoro", si legge nell'avviso di accertamento tecnico della procura. La dinamica dell'incidente deve essere ancora ricostruita e per fare chiarezza sono stati sentiti tutti i colleghi che erano di turno e che hanno assistito impotenti a questa scena straziante, al corpo esile di Luana intrappolato negli ingranaggi.

Gli inquirenti si concentrato quindi sulla saracinesca, una specie di barriera che dovrebbe separare in modo netto il lavoratore dalla macchina. "Siamo al lavoro per capire se e che cosa non abbia funzionato - spiega il procuratore capo di Prato, Giuseppe Nicolosi - compresa la fotocellula di sicurezza".

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