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AstraZeneca, il professor Montomoli ribalta il quadro: "Perché l'età non c'entra", l'errore che è costato la vita a Camilla

Alessandro Gonzato
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«Gli effetti collaterali legati al vaccino Astrazeneca, così come a Pfizer e agli altri, si verificano quasi sempre subito dopo la prima dose, lo ha certificato l'Aifa, quindi non mi sarei preoccupato più di tanto del richiamo. Poi è chiaro che in questo momento non abbiamo la certezza che si tratti di un prodotto sicuro al 100%, un minimo di rischio c'è sempre, ma è così per tutti i farmaci, non solo per quelli contro il Covid». Parliamo con Emanuele Montomoli, professore di Sanità Pubblica all'Università di Siena, fondatore e responsabile scientifico di VisMederi, società che valuta la risposta immunitaria dei vaccini. Ha eseguito prove cliniche sul Pfizer e ha condotto numerosi studi in tutto il mondo sull'efficacia dei medicinali. Il comitato tecnico-scientifico, oltre a vietare Astrazeneca a chi ha meno di 60 anni, ha appena deciso che per il richiamo verranno usati Pfizer o Moderna.

Professore, veniamo subito al dunque: lei come si sarebbe comportato?
«Avrei sospeso Astrazeneca per una settimana, il tempo di studiare il caso della povera Camilla e gli altri 2-3 degli ultimi giorni. Bisogna analizzare la correlazione della vaccinazione con le patologie pregresse, è questo il punto, altrimenti si continuano a dare informazioni a caso e si terrorizza la gente».

Si riferisce ai cambi delle fasce d'età ritenute a rischio?
«Certo: chi doveva fornire linee guida precise e infondere fiducia ha fatto casino. L'unica cosa sensata è verificare se chi ha patologie legate alla coagulazione del sangue è più esposto a eventi avversi con Astrazeneca: non ci sono ancora evidenze scientifiche, la questione va approfondita. Dev' essere questo secondo me il criterio per decidere a chi somministrarlo: non l'età».

 

 

Anche qualche esperto però, sui giornali e in tivù, ha contribuito ad alimentare il caos...
«Non c'è dubbio: infatti non ha senso che io dica una cosa e Galli un'altra, è solo un esempio. Bisogna basarsi sui dati e analizzare i casi». E i dati degli effetti collaterali di Astrazeneca cosa dicono? «Percentualmente sono quasi identici a quelli di Pfizer. Astrazeneca è allo 0,23%, e solo un decimo ha avuto conseguenze gravi. Pfizer è allo 0,21. Un'altra certezza è che l'effetto collaterale grave più diffuso di Astrazeneca è la trombosi, mentre per gli altri vaccini i fenomeni avversi sono più eterogenei».

Su che basi sono state decise le fasce d'età a cui somministrarlo?
«Me lo chiedo anch'io: non c'è mai stata una motivazione scientifica ufficiale. È stato sperimentato e approvato dai 55 anni in giù, poi ci sono state le prime trombosi, l'hanno sospeso per tutti, poi hanno iniziato a cambiare l'età, nessuno ci ha più capito nulla».

Domattina farebbe vaccinare sua figlia con Astrazeneca?
«Ripeto: prenderei una settimana di tempo, ovviamente a patto che chi di dovere analizzi le varie situazioni, che potrebbero essere legate a singoli lotti: anche l'altra paziente grave, la donna di 34 anni, è ricoverata a Genova, dov'è morta Camilla».

Infuria la polemica sugli "open day" Astrazeneca. Alcuni sostengono che sia sta to un modo per non buttare le dosi.
«Non lo so. Ma la cosa importante è un'altra».

 

 

Cosa?
«Lavoro in questo campo da trent'anni e troppo spesso l'anamnesi viene sottovalutata, non parlo solo dei vaccini anti-Covid: la gente va al distretto sanitario, gli viene fatto firmare un consenso informativo scritto in "Times 4", non viene spiegato niente, si compila un questionario in 30 secondi e poi ti fanno l'iniezione. Alla fine va sempre tutto bene, però una volta su un milione no».

La scienza, statistiche alla mano, dice che è più pericolosa la pillola anticoncezionale del vaccino contro il Covid.
«In realtà, a breve o lungo termine, lo sono quasi tutti i farmaci».

L'allarme è esagerato?
«Non dico questo, ma gli effetti collaterali conseguenti al vaccino anti-Covid fanno più notizia, soprattutto se la persona prima stava bene. Gli altri farmaci si prendono quando c'è già una patologia in corso, ed è raro che il decesso di un infartuato venga messo in relazione all'assunzione di una medicina».

Ieri sono fioccate ancora decine di migliaia di disdette per paura di Astrazeneca.
«Logico: c'è troppa confusione, c'è paura. Però vorrei anche sottolineare che senza Astrazeneca alcuni Paesi, tra cui l'Italia, sarebbero ancora in piena pandemia».

 

 

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