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Musulmani in campeggio

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nel convento dei frati

Albina Perri
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Col corano in saccoccia e il tappetino per la preghiera arrotolato sotto il braccio, centinaia di musulmani si preparano a partire per il campeggio, come fossero i boy scout. Vanno a riflettere sul ramadan, e sul digiuno richiesto loro da Allah. Dove? In un convento di frati francescani minori, a Sassoferrato, colline marchigiane, dove una volta si pregavano il frate poverello e il bon Signore perché preservasse i cristiani da saraceni e infedeli. Certo, c'era da aspettarsi pure questo da una società che va al museo a guardare una rana verde alta un metro inchiodata a una croce, e non fa una piega. Anzi, si scoccia pure di quei cattolici noiosi che ogni volta si lagnano, parlano di blasfemia e non comprendono il significato sottile del ranocchio e la sua croce. Fatto sta che dal 6 al 10 settembre i membri dell'Ucoii, l'Unione delle comunità islamiche in Italia presieduta dal medico siriano Mohamed Nour Dachan, per 100 euro a persona o 180 a coppia potranno piantare le tende tra i chiostri, e chiedere ad Allah il loro paradiso. Il luogo, dice il volantino dell'Unione, «è ubicato lontano dalla promiscuità e dalle tentazioni, adatto per un ritiro spirituale di adorazione e condivisione». Si richiede prenotazione, abbigliamento sportivo e per il nuoto. Bambini fino ai 4 anni gratis. La Cei, veramente, era stata piuttosto chiara sul fatto che gli spazi cattolici non vanno prestati ai musulmani per le loro preghiere. Neanche tre mesi fa, la lavata di capo era arrivata niente meno che dal segretario generale, monsignor Giuseppe Betori. «Quando un parroco presta i locali della parrocchia deve sapere che in quel momento aliena quello spazio alla religione cattolica e lo affida per sempre all'Islam», aveva detto, evocando la legge islamica secondo la quale quando un terreno viene utilizzato per la preghiera dei fedeli di Maometto non è più disponibile per le altre religioni. Ma i frati francescani fanno un mondo a sè, e non sono nuovi a questi minestroni religiosi, vedi le marce per la Pace di Assisi e affini. Lo stesso convento francescano di Sassoferrato in passato ha ospitato le preci di altre religioni. Nell'edificio di pietra bianca si sono ritrovati pure i seguaci di Amma, una guru indiana che prega il Paramatman che così sia. Al posto del tappetino per le genuflessioni islamiche, quella volta era richiesto di portarsi da casa il cuscino da meditazione. Chissà perché poi l'integrazione va sempre da una parte: l'islam che bussa, noi che spalanchiamo i portoni, e mai viceversa. In Algeria, tanto per dirne una, il sacerdote cattolico Pierre Wallez è stato condannato alla galera per aver “officiato una cerimonia religiosa in un luogo non riconosciuto dal governo”. In India, quella della guru Amma, da giorni è caccia alla suora. In nessun luogo islamico è permesso evocare il Signore o parlare dei nostri santi. Provate a prendere in giro Allah in una vignetta: in Danimarca scoppia la rivoluzione, in Italia Calderoli ci rimette la testa. Noi occidentali esponiamo nei musei ranocchi in croce, la Vergine Maria col burqa, Osama bin Laden con la corona di spine, la Madonna che piange sperma, il papa in mutande e la parrucca da trans. L'Islam iconoclasta non perdona nemmeno se te la immagini, la faccia di Allah. Ma noi andiamo avanti col nostro peace and love. Albina Perri

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