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Alberto Stasi fuori dal carcere: nuova vita a 14 anni dall'omicidio di Chiara Poggi, cosa farà

Alberto Stasi

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Alberto Stasi cerca lavoro fuori dalla prigione. Lo ha chiesto la sua legale, l'avvocato Laura Panciroli dopo 14 anni da quel 13 agosto in cui il giovane uccise la sua fidanzata Chiara Poggi e fu condannato in via definitiva a 16 anni di reclusione. Per Stasi, 38 anni, è arrivato il tempo di voltare pagina e ricominciare una nuova vita fuori dal carcere di Bollate dove è recluso dal 12 dicembre 2015. "I tempi sono maturi", spiega la sua legale, "per la richiesta di lavoro all'esterno. È nei termini di legge per essere ammesso, ovviamente dopo la necessaria valutazione del Tribunale della Sorveglianza. Ci stiamo attivando su questo, anche se non è facile trovare una soluzione con le caratteristiche giuste. Ci vuole un datore di lavoro motivato vista l'attenzione mediatica su questa vicenda. Una soluzione che sia rispettosa per lui e per chi lavorerebbe con lui".

Per la famiglia di Chiara Poggi, si riaprirebbe una ferita mai rimarginata per la perdita della figlia di 26 anni laureata a pieni voti in Economia. Per la mamma, il papà e il fratello di Chiara non ci sono mai stati dubbi che il colpevole sia stato Alberto Stasi, bocconiano a cui la ragazza era legata da quattro anni.

 

 

CENTRALINISTA  - Adesso all'interno della casa circondariale di Bollate, Stasi lavora come centralinista per una compagnia telefonica per 1000 euro al mese. Dal suo stipendio viene detratta una somma concordata per risarcire un milione di euro alla famiglia della vittima come richiesto dal tribunale. Dopo che i genitori del giovane avevano messo a disposizione delle parti civili tutto ciò che le era possibile. Un iter processuale molto tortuoso.

Un delitto che ha sempre avuto alcuni lati oscuri mai chiariti e che aveva fatto dividere l'Italia tra colpevolisti e innocentisti. Nessuna prova e nessun movente. Niente arma del delitto e niente impronte. Un solo colpevole: Alberto Stasi. Per i giudici è lui che quel pomeriggio di 14 anni fa uccise la fidanzata, nella villetta della ragazza, a Garlasco, in provincia di Pavia. Alberto Stasi, allora studente di economia divenuto poi commercialista, viene assolto in primo e secondo grado. Il 12 dicembre 2015, però, la corte Suprema di Cassazione lo riconosce definitivamente colpevole del delitto e lo condanna a 16 anni di carcere. E a nulla serviranno le richieste di revisione del suo legale. E in quella afosa e maledetta mattina di 14 anni fa, Chiara Poggi viene colpita a morte con un oggetto contundente.

 

 

Secondo gli inquirenti la giovane conosceva l'assassino, avendogli aperto in pigiama e in maniera spontanea, dato che non furono rilevati segni di effrazione all'interno dell'abitazione. Il fidanzato Alberto Stasi trova il corpo della ragazza e lancia l'allarme, ma i sospetti si concentrano subito proprio su di lui per alcune situazioni che l'accusa ritiene importati: l'eccessiva pulizia delle scarpe dopo aver camminato sul pavimento sporco di sangue. L'assenza di sangue sui vestiti e alcune incongruenze nel suo racconto. Alberto Stasi viene così arrestato il 24 settembre 2007, ma scarcerato quattro giorni per insufficienza di prove.

 

 

IN TRIBUNALE - Viene assolto dall'accusa di omicidio con rito abbreviato, sia in primo sia in secondo grado per "non avere commesso il fatto", mentre la Corte di Cassazione, il 18 aprile 2013, annulla la sentenza di assoluzione. Al processo d'appello bis in seguito a una nuova perizia computerizzata sulla camminata e ad alcune contraddittorietà nel racconto, il giovane viene ritenuto colpevole e condannato a ventiquattro anni di reclusione per omicidio volontario. Pena poi ridotta a 16 anni anche senza delineare un movente, ma parlando di un momento di rabbia del giovane. Sulla vicenda l'avvocato della famiglia, Gian Luigi Tizzoni, aveva rilasciato ai tempi una dura dichiarazione: «Continuiamo a vedere una parte della stampa e la difesa di Stasi che gettano ombre sulla sentenza. La famiglia Poggi non è più disposta a tollerare questi dubbi, valuteremo se chiedere di procedere per calunnia atteso che in queste iniziative si adombri la responsabilità dialtri mentre è nota e certa la responsabilità di Stasi...». 

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