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Variante Delta, pericolo contagio in ospedale: "Girano migliaia di medici no vax"

Claudia Osmetti
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«Il vaccino anti-Covid è un requisito che la legge prevede per esercitare la professione medica. Chi non ce l'ha, oggi, è un abusivo». Non usa mezzi termini Filippo Anelli, il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici e degli odontoiatri italiani. Il tono pacato, calmo: risposta dopo risposta. Eppure Anelli non è tipo che ci gira attorno, è uno che va al sodo. «Sono due», racconta, «i requisiti necessari per fare il medico, in Italia, nel 2021: la laurea con abilitazione e la vaccinazione contro il Cronavirus. Chiunque non si vaccini sta facendo esercizio abusivo della professione. Non lo dico io, lo dicono le norme».

Dottor Anelli, chi controlla queste condizioni?
«La legge demanda il compito di verifica alle Asl del territorio, che devono trasmettere ai relativi ordini di categoria quanto valutato. Cosa che, in buona parte del Paese, oggi, non è ancora avvenuta. E nonostante, dai primi di aprile, gli ordini abbiano già trasmesso alle Regioni gli elenchi dei medici iscritti».

Mi scusi, mi sono persa. Cosa c'entrano le Regioni, non si parlava di Asl?
«L'iter è questo: Le Regioni, attraverso le loro piattaforme, verifichiamo gli elenchi che invia l'ordine di turno. Quando scoprono un medico non vaccinato, il soggetto viene invitato alla Asl di competenza, per spiegare la sua posizione. Se le giustificazioni non sono idonee, la Asl emette un provvedimento di sospensione e lo comunica, a sua volta, all'ordine professionale di appartenenza, che lo pubblica sul suo albo. C'è, tuttavia, un problema di comunicazione tra questi soggetti».

 

 

Ma, allora, i casi che sono usciti sulla stampa in questi giorni sono solo una parte di quelli effettivi?
«Sono una minoranza. Guardi, siamo partiti da una prima rilevazione, fatta dal governo qualche mese fa, che parlava di 42mila sanitari non ancora vaccinati. Oggi quel numero è sceso a 36mila. Vuol dire che sono stati "richiamati' appena in 6mila».

In questi 6mila c'è anche chi il vaccino, per diverse ragioni, non può proprio farselo?
«Certo».

Ma il grosso non è ancora stato nemmeno chiamato a giustificare la sua posizione?
«Esatto. E continua ad esercitare in maniera non consona».

Lei cosa ne pensa dell'obbligo vaccinale?
«È una possibilità concreta, ma dovrebbe essere l'ultima ipotesi da prendere in considerazione. Se raggiungiamo un livello elevato di vaccinazioni probabilmente non si renderà necessario».

E se non raggiungiamo l'obbiettivo?
«Così come è successo per il morbillo, probabilmente si dovrà discutere se una legge sull'obbligo sia necessaria. Però è una questione che spetta alla politica».

Ovvio. Qual è la soglia da raggiungere per stare al sicuro?
«Va fatta una verifica epidemiologica. L'80% della popolazione dovrebbe essere la soglia minima. Ma il problema vero è che, da un anno e mezzo, i nostri ospedali sono oberati di lavoro e i pazienti con patologie croniche o tumorali non riescono ad avere accesso alle cure».

Colpa del Covid?
«Di sicuro non ha aiutato. Le faccio un esempio: se l'anestesista, oggi, deve stare in Rianimazione, è chiaro che non può essere in sala operatoria. E se non è in sala operatoria, gli interventi chirurgici si allungano. Non abbiamo medici».

La carenza di personale, però, è un fenomeno che ci trasciniamo da anni...
«Assolutamente. Con la pandemia abbiamo perso più di 370 colleghi. È un numero rilevante, ma il punto è che molta gente sta andando in pensione anticipata».

 

 

Come si risolve?
«Bisogna fare un ragionamento ampio. Ora, per esempio, abbiamo autorizzato 14.300 posti a Medicina, ma fra sei anni solo 6mila potranno proseguire il percorso di studi perché non ci sono i soldi. Mi si dirà "abbiamo tempo per porre rimedio", lo spero. E poi c'è un altro fatto».

Quale?
«Adesso si sta sviluppando una politica di interventi di carattere strutturale. Si comprano nuove tac, nuove risonanze, si adeguando gli ospedali ai criteri antisismici, va benissimo. Ma occorre intervenire sui professionisti».

Lei ha proposte per la lotta al virus?
«Il ministro Speranza (della Salute, ndr) farebbe bene a incontrare le varie associazioni dei medici e a chiedere un forte impegno, nel momento in cui visitano i pazienti, a indagare sulle motivazioni, qualora s' imbattano in qualcuno non vaccinato».

In che senso?
«I cittadini che si rivolgono ai medici basano il loro rapporto anche su un sentimento di fiducia. Nel momento in cui uno accede al Servizio sanitario nazionale, se il professionista indaga un po' sulle motivazioni per cui, magari, ha rifiutato la vaccinazione, si scopriranno delle paure, delle ansie».

Questo basta?
«Se i colleghi sono disponibili a dare un po' di risposte, probabilmente una parte della popolazione che non ha un pregiudizio nei confronti del vaccino può cambiare idea». 

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