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Calabria, 3 fratelli chirurghi

indagati per rimborsi-truffa

Monica Rizzello
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Tre fratelli chirurghi sono i principali indagati nell'inchiesta che questa mattina ha portato alle perquisizioni disposte dalla Procura di Crotone. Si tratta di Giovanni Ussia, 60 anni residente a Bologna, co-rappresentante della clinica “Villa Giose”»; Alfonso Ussia di 58 anni, anch'egli co-rappresentante della clinica privata; Anastasia Ussia, 55 anni socio della struttura sanitaria. Tutti e tre sono accusati in concorso di associazione a delinquere al fine di procurarsi un ingiusto profitto tramite la clinica privata “Villa Giose”, e nel caso della sola Anastasia Ussia anche tramite la clinica “Villa dei Gerani” di Vibo Valentia. I tre avrebbero attestato falsamente nelle schede di dimissione ospedaliera diverse patologie come mastopatia fibrocistica e altre patologie correlate alle malattie del seno, oppure patologie ortopediche, e ancora patologie legate al sovrappeso, per ingannare l'Azienda sanitaria provinciale e farsi dare il rimborso per interventi «che in realtà dissimulavano esclusivamente interventi di carattere estetico, quali interventi al seno, ortopedici e tesi al dimagrimento del paziente, interventi questi non suscettibili di rimborso». Per farlo, avrebbero costretto i pazienti a riferire ai rispettivi medici curanti l'esistenza delle patologie inesistenti «sulla scorta della necessità di tale prescrizione (prescrizione poi depositata presso la clinica e utilizzata per ottenere l'indebito rimborso da parte degli indagati) in assenza della quale gli indagati non avrebbero realizzato l'intervento e quindi profittando così della situazione di soggezione psicologica dei pazienti e suggestionando gli stessi i quali venivano indotti a pagare ugualmente e personalmente il costo dell'intervento (senza il rilascio di alcun documento contabile), nonostante la clinica avesse ottenuto per lo stesso intervento anche il rimborso dell'Asp e quindi dalla Regione Calabria». Le somme di danaro corrisposte, secondo la Procura, ammontano a svariati milioni di euro - sono ancora in fase di esatta quantificazione - e il danno è doppio perché rivolto sia agli enti pubblici che ai pazienti, i quali pagavano ugualmente l'intervento chirurgico.

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