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Veneto, l'assessore propone

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l'ora di religione obbligatoria

Albina Perri
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L'ora di religione obbligatoria: lo prevede una proposta contenuta in una riforma della legge sulla scuola al vaglio della Regione Veneto. Porta la firma dell'assessore Elena Donazzan, giovane volto di Alleanza Nazionale (è nata il 22 giugno 1972) proveniente da Bassano del Grappa, già eletta in Parlamento, alla Camera, nel 2006 per poi optare per gli incarichi regionali. Una proposta destinata a fare discutere e a suscitare polemiche. Ma la Donazzan tira dritto: “La religione insegnata sui banchi non è basata sulla catechesi, ma sulla conoscenza dell'uomo. E' l'approccio di cui è intrisa la nostra esistenza”, fa sapere. Sbirciando sul suo sito internet, ecco che nella pagina di presentazione ad un certo punto si incontra una massima di san Tommaso Moro: “L'uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale”. A seguire un commento: "la questione morale resta la più grande sfida della politica: saper affrontare i problemi della società con disinteresse personale per perseguire l'interesse comune deve restare la condizione necessaria per l'agire pubblico". Ma già dalle prime righe si può capire quanto la fede sia importante per Elena: "mi ritengo una persona fortunata e per questo ringrazio Dio". L'assessore era finita al centro di una rovente polemica con il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, per aver proposto l'inserimento di classi contingentate per quanto riguarda il numero di bambini stranieri. Ma non solo: qualche anno fa propose il rientro dei grembiuli a scuola, sentendosi dare della fascista. Tra le altre novità contenute nella riforma, anche l'ipotesi di inserire il tempo prolungato cinque giorni su sette e lasciare i ragazzi a casa il sabato. “Insisterò sulla necessità di accogliere a scuola solo gli immigrati regolari e di inserirli nelle classi per fasce di età”, promette in vista di un incontro fissato con la Gelimini il prossimo 16 settembre. “Ancora, si potrebbero studiare delle classi di apprendimento in cui testare la preparazione degli studenti dando loro tempo per imparare l'italiano, prima di destinarli alla classe giusta. Bisogna essere più realisti e meno buonisti. I bambini stranieri sono frustrati quando non capiscono la lingua, si sentono emarginati: qualcuno reagisce piangendo, altri diventano arroganti”, conclude la combattiva Elena.

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