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Tamara Lunger: "Troppi morti, non c'è più gioia dentro di me". Crollo in vetta, crisi di pianto e "basta scalate"

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Scalare altre montagne? No, grazie, dopo aver visto morire cinque propri amici sul K2, è meglio smettere. Per Tamara Lunger, 35enne fuoriclasse altoatesina degli 8mila metri, che meno di un anno fa ha visto scomparire gli amici Juan Pablo Mohr, Sergi Mingote, Atanas Skatov, Muhammad Ali Sadpara e John Snorri durante un tentativo invernale, la ferita è difficilmente rimarginabile. Che racconta così al Corriere della Sera, dopo la rinuncia al tour dei 3mila in Spagna.

 

 

“Il programma era di salire il Veleta, l'Alcazaba e il Mulhacen - ha raccontato - Tutto procedeva liscio finché sono arrivata giusto sotto la cima, certo soffrendo il freddo ma niente altro e all'improvviso, senza nessun segnale, sono scoppiata in lacrime. Non so esattamente cosa di preciso, ma qualcosa mi ha catapultato indietro nel tempo alle ore più difficili della mia vita, quelle sul K2. Sono riaffiorate la paura e tutte le emozioni di quei momenti. Guardavo il Mulhacen e l'Alcazaba e sentivo una fitta nel cuore. Nessuna felicità o piacere per essere lì in quel momento a completare queste cime. Solo un immenso dolore”.

 

 

“Non c’è più la gioia dentro di me”
Meglio dunque fermarsi, e c’è il precedente di Walter Bonatti, che si era portato dentro il tormento del K2 per più di 50 anni. L'anno scorso i drammatici eventi che hanno portato alla morte di tanti alpinisti avevano presto spazzato via la gioia della Lunger per la prima conquista invernale della montagna da parte del team nepalese guidato dal gurkha Nirmal Purja. “Ho capito che questo tour non aveva il senso di farmi scalare le vette della Spagna, ma di farmi diventare consapevole che il K2 è ancora tanto dentro di me — ha concluso al quotidiano — che i miei amici che non ci sono più sono ancora dentro di me, ma non nel modo positivo che tanto tanto vorrei già fosse. Sono ancora profondamente scossa, addolorata e triste per la loro mancanza”. Lunger stessa aveva trovato il coraggio di tornare ai piedi del K2, per partecipare a una cerimonia di commemorazione degli amici scomparsi in quota, ma il dolore era così grande che l'alpinista aveva chiesto aiuto.

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